(Borm from the ashes of B-Back in spring 2011 they begin immediately with gun-cotton performances embellished with penetrating guitars, fuzz, enveloping bass and explosive rhythms that allow your mind to wander while jumping and non-stop dancing!! Don’t miss them live!)I Dreg Machine nascono nella primavera del 2011 raccogliendo tra le proprie fila John Amato (attuale chitarra dei mitici Barbieri, ex B-Back e Quarrymen), Zara Thustra al basso (ex Skum e B-Back), Hollerin’-Killer Dupree alla chitarra (a.k.a Frank Croco, ex B-Back, Modern Gloves e Hobbes) e Ben Fox alla batteria (ex Hobbes e Modern Gloves).
L’istinto iniziale della band è quello di ricreare un sound garage-punk attraverso pezzi oscuri e anthem del genere, lavoro che sfocia inevitabilmente nella composizione di pezzi propri, che permettono di ricreare le atmosfere tipiche di garage e prima psichedelia di metà ’60.
Ma per apprezzarli al meglio non possiamo fermarci all’ascolto dell’album perché dal vivo i nostri sanno dare il meglio! Quindi live al fulmicotone farciti di chitarre taglienti, fuzz, bassi avvolgenti e ritmi esplosivi, che fanno viaggiare, saltare e ballare senza soste!!!
TRACK LISTENING:
01 War
02 Gnome
03 Dreg Machine
04 No no no
05 Do It Again
06 Nobody Lose
07 One Way Ticket to Her
08 Mr Rolling Stone
09 Uh!
10 My Friend Jack
11 Lie To Me
12 Pizza Boy
13 Death in a Sunny Place
B-Back Are Back!
Cambiano nome e batterista ma non etichetta ne’ tantomeno musica i senesi B-Back, qui al debutto come Dreg Machine.
UH! è un dischetto snello di garage sound velatamente psichedelico che detto così sa molto di blog finto-alternativo e fa anche un po’ cagare.
Invece no. Sebbene siamo lontani dal disco irrinunciabile, l’ esordio del combo toscano ha i requisiti per piacere, puttaneggiando nel beat più elementare e spruzzandolo all’ occorrenza con piccolissime dosi di psichedelia all’ interno di un contesto che rimane volutamente primitivo per spirito, istinto ed inclinazione.
L’ attitudine, che è quello che conta in dischi come questi, è del tutto salva.
Lo metti, lo ascolti, alzi il volume, picchi il vicino, sbarelli mentre fai lo yè-yè, lo rimetti e sai già canticchiare le canzoni.
Se hai una chitarra a casa magari le sai già suonare.
Se non sai farlo puoi sempre rimettere su il disco.
E spegnere internet.
Reverendo Lys Blog / Musicletter.it 06/05/13
Sono assieme dal 2011 questi Dreg Machine, ma nelle loro file militano personaggi ben scafati: John Amato alla chitarra (anche nei Barbieri, ex B-Back e Quarrymen), Zara Thustra al basso (ex Skum e B-Back), Hollerin’-Killer Dupree alla chitarra (a.k.a Frank Croco, ex B-Back, Modern Gloves e Hobbes) e Ben Fox alla batteria (ex Hobbes e Modern Gloves). Insomma c’è di che stare allegri… sono i B-Back con un batterista diverso! E tanto di cappello…
Questo Uh! – che esce sotto l’egida di Area Pirata (come già lo split 7? dei B-Back coi Viv Prince Experience e il loro cd del 2009) – è un’ottima raccolta di 13 brani di puro Sixties garage rock melodico ma urticante, malinconico ma saltellante. Chitarre pulite e riverberate, con improvvise iniezioni di fuzz, sfornano riff immediati di quelli che un po’ abbiamo tutti in mente, ma che non ci stanchiamo mai di ascoltare; su tutto questo il cantato alterna voce maschile e femminile, è sempre cattivo al punto giusto e ci guida sicuro lungo tutto il lavoro.
Bravi davvero, sebbene molto “di genere” e filologici, quindi francamente accostabili a tanti altri loro colleghi del presente, del passato più o meno prossimo e di quello remoto. Il punto è che loro fanno bene e con genuinità quello che troppi altri, invece, fanno per moda o fanno semplicemente alla cazzo di cane.
Promossi.
Anzi promossissimi.
Andrea Valentini – Black Milk Freak magazine 07/05/13
Tempo fa si chiamavano B-Back (vedi BU#l30), poi hanno perso per strada il barterista ma non il vizio di suonare il loro rock’n’roll preferito, di matrice
sixties punk, reincarnandosi nei Dreg
Machine. La musica è elementare, di
quella che puoi suonare appena dopo
aver imparato gli accordi di Louie
Louie, con alcune variazioni sul tema,
che siano di natura psichedelica (il
cambio passo di War) o che diano esuberanza funky (l’apripista Dreg Machine). Chitarre secche e graffianti,
inserimenti fuzz, cantato aperto al contributo femminile (della bassista Zara
Thustra), il beat nel dna: comunque
vada basta ascoltare un semplice mo-
tivo o un semplice giro per ricondurre
il tutto a un garage revival sound anni
’80 che nel senese (l’area di provenienza della band) ha messo salde raidici. E se il disco non è un capolavoro
(non è fatto nemmeno per esserlo, ma si fa per dire), dal punto della credibilità èinattaccabile.
Fabio Polvani – Blow Up #181 06/2013
Da appassionato di musica garage quale ritengo di essere posseggo,e ascolto con notevole piacere,sia pur saltuariamente,i due album di quell’ottima band che furono i B-Back.
Avere quindi l’occasione di udire questo Uh! dei Dreg Machine ,che dei B-Back sono i 3/4,è stata per me una notevole e piacevole sorpresa.
L’album comincia in maniera assai promettente con il garage venato di psych-sound del quale è intrisa War ,si prosegue con il sixties-punk veloce e ritmato di No No No a cui fa seguito l’ottima Do It Again sorretta dall’ammaliante voce della bassista Zara Thustra.
Merita più d’una lode anche la deliziosamente pop One Way Ticket To Her che mi ha ricordato i Barracudas di “Endeavour To Persevere”.
Ma il meglio sta in coda con due brani pregni di spirito teen-punk quali l’esplosiva Lie To Me ,in assoluto la mia preferita del lotto,e l’altrettanto elettrizzante Pizza Boy .
Ma il paragone con la band che li ha preceduti è a questo punto inevitabile e dico,in tutta sincerità,che non riscontro in questi sia pur notevoli Dreg Machine l’immediatezza che fu dei B-Back e che ha fatto di pezzi come “When I Love You” e “Enjoy Yourself” dei “sempre presenti” nelle mie selezioni di disastrato dj di provincia.
Forse con il tempo questo Uh! farà breccia,più di quanto non abbia già fatto,nel mio cuoricino di garage-maniac, perché, è cosa risaputa,quando si vuole recensire un album nuovo ci si basa su pochi ascolti, nel mio caso comunque mai meno di 3 completi.
Resta comunque la mia sconfinata stima nei confronti di chi suona la musica più inebriante che mente umana abbia concepito ed il mio accalorato invito a sostenere tangibilmente le bands e le etichette che permettono ad una scena da sempre rinomata come quella italiana di continuare ad esistere sfornando prodotti sempre di alto livello.
E poi voi non lo comprereste al volo un disco ad un gruppo dall’abbigliamento così sobrio?!?
Il Santo – Indie-Eye.it 13/06/2012
Il garage punk revival ha avuto la sua massima eco negli anni 80, vent’anni dopo i sixties ed in contrapposizione alla imperante musica disco e new wave che imperversava in quel decennio e non solo da noi in Italia. Dalle nostre parti molte furono le bands e gli artistiche si cimentarono con questa materia, i migliori e più noti di questi li ritrovate per semplificare in antologie fondamentali quali i due “Eighties Colours” per la Electric Eye. Gruppi come Sick Rose e Pikes in Panic, fra i più poderosi, dettero alle stampe dei gran bei dischi al tempo che però come per la maggior parte delle bands italiane soffrivano di produzioni che definire deficitarie appare quasi un complimento. Il tiro e la carica favolosa che questi sfoderavano nelle esibizioni live veniva molto spesso appiattita da registrazioni poco grintose con scarsa dinamica d’insieme. Il confronto con molte produzioni dei corrispondenti gruppi americani e non (targati Voxx, Midnight etc…) era spesso impietoso.
Finiti gli ottanta sembrava che l’ondata garage si fosse ormai eclissata ma sono state e sono tutt’ora molte le band che tengono in vita un filone musicale tra i più eccitanti e coinvolgenti al di là della sua apparente semplicità d’esecuzione. Da noi i B-Back sono stati sicuramente i migliori. Nati nel 2003 da un idea di Madison Wheeler, voce dei Ray Daytona che presto aggrega i bravi chitarristi Frank Croco dei fiorentini Gloves e John Amato, già nei Quarryman e nei gloriosi Barbieri oltre a Paul ‘The muppets’ come bassista. Due dischi di grande impatto, “In Time” (2004) e “Second hand” (2006) dichiarano al mondo del garage che il genere non è affatto morto e sepolto. L’ingresso della bassista Zara Thustra, al posto di Paul, aggiunge ancora di più fascino e colore alla già poderosa line-up dei fiorentino-senesi, per una volta sotto la stessa bandiera. Un terzo disco, di nuovo splendido, “Experiment in colour” (2008) conferma la potenza della band che ha dalla sua la particolarità di vedere alternarsi ben tre cantanti, a tutto giovamento della varietà del disco. Dei gruppi storici dei sixties sembrano i Music Machine di Sean Bonniwell i loro preferiti mentre i primi Miracle Workers sono la pietra di paragone degli eighties più vicina alle loro sonorità.
Il lungo silenzio seguito al loro terzo lavoro ha portato alla fine del progetto B-Back, ma niente paura, solo un rimescolamento interno che ha cambiato il nome del gruppo in Dreg Machine ed ha visto l’ingresso del bravissimo batterista Ben Fox, un autentico cultore e maniaco delle sonorità del sixties sound, già negli Hobbes e nei Modern Gloves dove militava pure Frank Croco. Quest’ultimo si è nel frattempo ribattezzato Hollerin’Killer Dupree, chissà magari un giorno scoprirete pure il suo vero nome. Il disco viene a ben cinque anni dal precedente, un lungo periodo che ha permesso ai Dreg Machine di maturare ed affinare il sound, davvero esplosivo nelle sortite on stage anche fuori dal suolo natio (Olanda, Francia, Germania) Un autentico uragano garage, provare ed ascoltare per credere. La carica sprigionata dal vivo è altrettanto ben rappresentata in questo “Uh !” un autentico manifesto garage-punk con ben 10 originals e due covers. Il sapiente dosaggio delle voci di John, Frank e Zara Thustra e la compattezza del suono, con le due chitarre taglienti ed una sezione ritmica che frulla alla perfezione sono gli ingredienti della sapiente miscela dei toscani. L’opener War è davvero superbo con quel break orientaleggiante a metà brano davvero di livello superiore mentre Gnome a seguire è una sorta di garage blues scorticato con altro gran lavoro di chitarre.
In entrambi i pezzi la voce solista è di Frank. Zara Thustra fa la sua comparsa come cantante nel brano che omaggia il gruppo, Dreg Machine oltre a Do it again, gran bella robina che in dischi come “Girls in the Garage” avrebbe fatto un figurone. One way ticket to her e Mr Rolling Ston e sono altri due altri brani killer che non aggiungono né tolgono nulla al disco così come Uh! , sorta di emulazione della gloriosa Talk Talk di Sean Bonniwell. Nobody lose appare un sentito tributo al grande Shelley Ganz ed i suoi Unclaimed, ai Miracle Workers e tutte quelle grandi bands di quell’epoca. Riguardo alle covers i Dreg Machine scegliendo l’oscura Mr Rolling Stone degli Hard Times, e la favolosa My friend Jack degli Smoke dimostrano competenza e gusti musicali da vendere, versioni impeccabili, la tecnica del gruppo è fuori discussione, e dal vivo rende ancora meglio. No no no l’avrebbero potuta scrivere i primi Sick Rose mentre Pizza boy sa tanto di song autobiografica, ma posso benissimo sbagliarmi, attendo conferme. Death in a sunny place con tanto di coretti Stones style è la degna conclusione di un disco da gustare ed assaporare come un frutto prezioso. Un sentito ringraziamento va all’etichetta pisana Area Pirata Records, davvero lodevole nel lavoro di ripescaggio e valorizzazione di gruppi presenti e del passato. Un album questo ” Uh” consigliato non solo ai fedeli appassionati e seguaci del genere garage-punk ma a tutti quelli che amano e pensano che l’epoca gloriosa dei sixties non sia mai morta.
Voto: 8/10
Ricardo Martillos – Distorsioni Web Magazine di Rock 03/08/11/2013
Negli anni 00 in pochi hanno tenuto alto il vessillo del Sixties garage nel Belpaese. Tra
questi i B-Back, pubblicando tre signori album tra il 2004 e il 2009. Ça va sans
dire che non se li è inculati nessuno. Ma sapete che il lupo perde il pelo, ecc.
Così questi attempati ragazzi toscani, con un nuovo batterista, sono ripartiti
esattamente da dove si erano fermati.
Tra le novità segnalo il gagliardo palleggio tra la voce maschile e quella femminile e
il mood scanzonato, quasi “funky”, che affiora in Dreg Machine .
Per il resto è la solita storia di beat selvaggio mediato dalla melodia (beatlesiana e
non) con scariche fuzz e riff garage-rock che vanno giù come il Campari. La solita bella
storia che non passerà mai di moda, almeno da queste parti.
Un consiglio: suonate il disco a volume alto e sarete suonati ben bene.
Manuel Graziani – Rumore #258-259 07-09/2013
I Dreg Machine sono quattro ragazzi con alle spalle già varie esperienze in gruppi tra i quali B-Back e Hobbes il loro sound si può catalogare come Garage con influenze sixties il ritmo che ne deriva è avvolgente ed esplosivo ne consegue che le vostre gambe non riusciranno a star ferme. 13 pezzi suonati al fulmicotone and now dance dance!!
Rillo’s Cellar – Blog 25/01/2014
Nati due anni fa i Dreg Machine sono un quartetto i cui componenti hanno militato in alcuni dei più autorevoli gruppi garage italiani (B-Back, Quarrymen, Modern Gloves, Barbieri, Hobbes) e si esprimono con un ottimo garage, con notevoli sfumature blues e psichedeliche.
Le chitarre sono spesso sferraglianti e impregnate di acido lisergico, e in queste tredici canzoni ci fanno fare un bel tuffo nella metà degli anni ’60.
Il quartetto lancia roteazioni funkeggianti con “Dreg machine” e risultano eccitanti quando accelerano con il punk-blues sincopato di “Nobody los” o si sporcano con il proto-punk detroitiano di “Pizza boy”.
Se “Death in a sunny place” è un omaggio ai Rolling Stone dei ’60, in “War” il blues si fa circolare e colorato. Insomma con queste canzoni c’è poco da stare fermi, non si può fare altro che muoversi e ballare senza sosta.
Vittorio Lanutti – Freak Out 19/06/2013