(Area Pirata returns again to dip into the 80s with an Italian band from Brindisi. They didn’t follow the popular garage/psychedelic wave but were devoted to a rough-but-melodic sound, kind of American roots rock with a punkish temperament. In 1989 they recorded “Silver Drops On Jesus’ Skull”, a mini-LP released by Federico Guglielmi’s High Rise. The journalist supervised the studio production too and now arranged (along with the band) this first reissue on CD enriched with a lot of unreleased tracks)Area Pirata ritorna ancora ad attingere negli anni ’80 con una band brindisina che, invece di seguire l’onda garage/psichedelica, si dedicò a un rock’n’roll aspro ma anche melodico, da un lato devoto alle radici del rock americano e dall’altro spinto dalla sua indole filo-punk a offrirne una rilettura grintosa e abrasiva. In quel decennio, il quartetto realizzò il mini-LP “Silver Drops On Jesus’ Skull”, pubblicato dalla High Rise di Federico Guglielmi. Lo stesso giornalista, che al tempo curò la produzione di studio del disco, si è adesso occupato, assieme ai ragazzi del gruppo, di organizzare questa prima ristampa in formato CD, con la scaletta originale arricchita di numerose bonus track. Ecco uno stralcio dalle dettagliate note informative presenti nel libretto.
…”Silver Drops On Jesus’ Skull” uscì in mille copie a maggio; ottenne incoraggianti recensioni sui giornali specializzati (“Rockerilla”, “L’ultimo Buscadero”, “Velvet”) e su varie fanzine (la popolare “Urlo”, di Taranto, pubblicò persino una lunga intervista), ebbe passaggi in alcune trasmissioni di indirizzo rock di radio private e procurò all’ensemble un tot di concerti, vendendo circa metà della tiratura. Io, nel frattempo, avevo deciso di chiudere la High Rise, e l’ipotesi di un vero e proprio LP – di cui il frammento di “Silver” inserito a mo’ di ghost track in coda alla scaletta voleva essere una specie di teaser – non si concretizzò. L’avventura dei Blackboard Jungle continuò con nuovi innesti accanto ai fondatori Vincenzo Assante e Giacomo Esposito (con “Palabra de amor”, 45 giri pubblicato nel 1993 dalla Toast, come unica testimonianza), ma il periodo post-1989 non è qui rilevante. Questo compact intende infatti documentare solo il percorso anni ’80 del gruppo, con i brani del mini-LP come piatto principale e undici estratti dai demo (quello circolato tra gli addetti ai lavori e quelli “privati”) che lo precedettero come contorno. (…) “Silver Drops On Jesus’ Skull (And More) 1986-1989” assolve dunque la funzione per la quale è stato concepito: presentare a chi non c’era e ricordare a chi c’era una bella storia di entusiasmo, genuinità e amore per la musica vissuta alla periferia dell’Impero Rock in tempi molto più lontani di quanto dica il calendario. Qualcuno scrollerà le spalle e non possiamo dargli torto, ma per noi – e per Brindisi – quella vicenda è stata come un romanzo di formazione, come un “On The Road” in minore con la Puglia al posto degli Stati Uniti. “Hey, I said Kerouac, I didn’t say Joyce”, cantava del resto Vincenzo in “I’m A Jerk”, e come negare che si trattasse di un manifesto di intenti?
TRACKLIST:
01: My Sin
02: 15 Inches Underground
03: Rain On The Scarecrow
04: I’m A Jerk
05: Little Perversion
06: Drug Teenage Dealer
07: Silver
08: This Town Is Not My Town
09: Five Years (Demo)
10: Little Perversion (Demo)
11: Spanish Name (Demo)
12: Southern Skin Coats Revolution (Demo)
13: Homosexuality Is Not A Crime (Demo)
14: I’m Boogying This Pogo (Demo)
15: Big Freak Man (Demo)
16: Silver (Demo)
17: You Run Me Not(Demo)
18: I’m A Believer (Demo)
19: Rockville 94
Total length : 73:11.10
Federico Guglielmi – L’Ultima Thule – Blog 06/08
Come qualcuno avrà notato, da un po’ di tempo mi dedico con piacere alla realizzazione per conto di varie etichette di ristampe estese e prime stampe di rock italiano degli anni ’80; alcune in CD e altre in vinile, tutte corredate di note informative utili per contestualizzare dischi che per molti sono autentici oggetti misteriosi.[…]ho riesumato antiche vestigia di gruppi da me prodotti per la mia High Rise:[…]
adesso Blackboard Jungle. Con questi ultimi realizzai nel 1989 un mini-LP ora edito per la prima volta in CD – l’etichetta è Area Pirata – con l’aggiunta di un sacco di bonus track tratte da demo del periodo; si intitola Silver Drops On Jesus’ Skull (And More) 1986-1989 e per presentarlo in questa sede mi sembra logico attingere una parte delle abbondanti ottomila battute del mio testo contenuto nel ricco libretto. Enjoy!
Le origini della band risalgono addirittura ai tardi ’70, quando nella loro Brindisi Vincenzo Assante (voce e chitarra), suo fratello Fabio (batteria) e Giacomo Esposito (basso), studenti alle medie, cercavano di dare sfogo alla passione per la musica maturata attraverso Happy Days e i fascicoli diffusi ogni settimana nelle edicole della Enciclopedia del rock . La strumentazione precaria, il valzer di altri musicisti non meno improvvisati al fianco dei tre e il caos di influenze che dal r’n’r dei ’50 si erano allargate a Edoardo Bennato, allo ska-revival di Specials e Madness, a Clash, a Ramones, a Police, ai Knack di “My Sharona” non costituivano un problema, e tutto procedeva. Lo zoppicante esordio sul palco giunse nel 1982, quando i miei futuri protetti si chiamavano Knaves e frequentavano i Trash, pionieri del punk cittadino, che non mancavano di elargire consigli e sostegno morale; dopo un annetto come Duckbills, il nome definitivo – ispirato all’omonimo film del 1955 con Glenn Ford (da noi, Il seme della violenza ) – fu adottato fra il 1983 e il 1984, con la formula espressiva che aveva accolto ulteriori suggestioni provenienti da R.E.M., Bruce Springsteen, X, Gun Club, Cramps. In seguito, con le dimissioni del chitarrista Massimiliano Rea e l’ingresso di Gabriele Rinelli, il gruppo decise di fare più sul serio, approntando come biglietto da visita – si era già nel 1986, probabilmente in autunno – una cassetta con cinque brani registrati professionalmente.
Fu con questo demo, inviatomi alla redazione del mensile Il Mucchio Selvaggio del quale al tempo ero caporedattore, che conobbi i Blackboard Jungle. Colpito dalla loro freschezza e dalla loro abilità di amalgamare stili diversi in pezzi che sposavano efficacemente grinta e melodia cominciai così a pensare di proporgli un disco per la High Rise, l’etichetta r’n’r che da un po’ avevo messo su con gli amici del negozio romano Disfunzioni Musicali. Nel giugno del 1987 approfittai dunque della rassegna per emergenti “Econcertologia”, della quale la mia rivista era sponsor e dove i Nostri avrebbero dovuto suonare (ma la loro esibizione saltò), per recarmi in una Melpignano non ancora resa famosa da “La notte della Taranta”. Nella memoria permagono solo sbiaditi flash, ma che l’incontro andò bene è provato dall’offerta di lavorare assieme che presentai ai ragazzi; ovvero, un 45 giri con Little Perversion sul lato A e Five Years sul retro, che ci sarebbe piaciuto realizzare pressoché subito, a novembre. L’improvvisa malattia e la scomparsa del papà di Giacomo ci obbligarono a modificare i piani, ma i rapporti rimasero stretti e i Blackboard Jungle proseguirono a fissare su nastro, senza fretta né preoccuparsi troppo della qualità tecnica, le loro canzoni ritenute migliori, per valutare eventuali soluzioni alternative. La bontà di quanto via via speditomi, unita alle crescenti difficoltà riscontrate nel promuovere e distribuire i singoli, mi spinsero quindi verso un mini-LP con i cinque episodi più significativi del repertorio, più la cover – da me suggerita – di Rain On The Scarecrow di John “Cougar” Mellencamp. Nell’agosto del 1988 scesi pure a Brindisi per verificare l’autenticità di quanto raccontatomi a proposito dei frequentissimi inseguimenti in macchina fra polizia e contrabbandieri di sigarette, ma soprattutto per ascoltare le versioni aggiornate in base alle mie indicazioni delle composizioni scelte; nel paio di notti trascorse allo scopo in strada non riuscii a vedere nemmeno una delle famigerate alfette targate Varese in fuga dalle forze dell’ordine, ma concordammo tutti i dettagli. Le session furono fissate a Roma, nello studio Pan Pot, con il sedici piste da me già proficuamente utilizzato per Magic Potion e Fasten Belt, nella settimana a cavallo fra gennaio e febbraio del 1989; nei mesi fino alla data fronteggiammo qualche piccola ansia, dato che in autunno Gabriele Rinelli lasciò i compagni per questioni familiari, ma per fortuna il suo sostituto Nicolò Barile si adattò alla grande e non ci furono rinvii. Al Pan Pot tutto filò liscio, e il disco non deluse le aspettative; il titolo, piuttosto surreale come da consuetudine del catalogo High Rise, era derivato dal buffo epilogo della mia presentazione nell’opuscolo che veniva fornito agli spettatori di “Econcertologia” – ” Cristo è sceso più giù di Eboli e ha portato con sé una chitarra elettrica ” – che i Blackboard Jungle avevano trasformato a mia insaputa in una specie di “inside joke”. Volevo qualcosa un po’ alla Flesh Eaters, e quella delle “gocce d’argento sul teschio di Gesù” mi parve un’immagine in sintonia e di sicuro effetto; ai quattro giovani rocker piacque così tanto che provvedettero a rincarare la dose indossando per la foto di copertina altrettante magliette con il volto di Cristo. E questo rafforzò la mia idea di essermi imbattuto in spiriti davvero affini e non solo in un’eccellente band.
Il prezioso recupero di memoria storica musicale di Area Pirata aggiunge un nuovo capitolo, i Blackboard Jungle erano una band brindisina attiva negli anni ’80, pubblicarono il Mini LP in questione per l’etichetta High Rise di Federico Guglielmi, proprio Federico insieme ai ragazzi del gruppo ha deciso di ristampare in CD quel lavoro. A quel tempo il disco ebbe ottime recensioni da stampa specializzata come Rockerilla, Velvet e L’Ultimo Buscadero, oltre alla bella fanzine di Taranto “Urlo”. Non c’è da dire bello o brutto, questa è la storia underground dell’Italia! Necessario!
Stefano Ballini – Trippa Shake Webzine 13/05/2016
La recensione Area Pirata se la scrive da sé, nell’esauriente libretto che correda la nuova edizione del disco dei Blackboard Jungle e che porta la firma di Federico Guglielmi , uno dei primi a credere nelle capacità della band di Brindisi, tanto da aprir loro le porte della High Rise Records e concedere la sua direzione artistica ed esecutiva sul disco che adesso viene ristampato in versione deluxe fino a triplicarne la durata. Un suono che rivela radici ben salde nella classica canzone americana (Tom Petty, John Mellencamp, Jason and The Scorchers, Unforgiven, John Fogerty sono tutti nomi in qualche modo accostabili) quello del quartetto pugliese, in qualche modo vicino per attitudine a quello di un’altra dimenticata formazione del periodo come i Rebels Without a Cause di Cervia.
Come è intuibile dalla timeline del titolo, il lavoro di ristampa si occupa di documentare tutta la prima fase della storia del gruppo che proseguirà con cambi di formazione per almeno un’altra mezza dozzina di anni, fino a spegnersi proprio nell’imminenza di una nuova uscita discografica. Ovviamente, come accade spesso in questi casi, la necessità storica non sempre si sposa con i bisogni emozionali e francamente alcune cose sarebbero potute tranquillamente restare fuori (valga per tutte la brutta cover di I’m a Believer ma anche altre cose incerte nel cantato o nell’esecuzione come Silver , I’m Boogying This Pogo o You Run Me Out ) mentre altre valeva la pena recuperarle, così come valeva la pena ritrovare quel file di memoria dove avevamo lasciato a riposare i Blackboard Jungle, piccolo orgoglio del rock “sudista” italiano.
Franco ‘Lys’ Di Mauro – Distorsioni 22/05/2016
I Blackboard Jungle erano una band brindisina (soprattutto) anni ’80 dedita al rock stelle e strisce di grande fattura: influenze paisley alla Dream Syndicate miscelate con l’Australia dei Radio Birdman, roots imbastardite dagli X, psichedelia variegata declinata in tricolore. Tanto per dire. Solo un mini lp prima di cambiare strada per poi rincontrarsi 27 anni dopo con il mastermind originale, Federico Guglielmi, e dare vita a questa raccolta killer di 19 brani: 8 da “Silver Drops On Jesus’ Skull”, 11 da vari demo inediti. Consigliatissima!
Davide Monteverdi – Razzputin Crew Milano 12/08/2016
Il fatto che questo disco, come molti altri usciti nella seconda metà degli anni ottanta, venga ristampato è la prova incontrovertibile di due mie radicate convinzioni:
1) quello che ascoltavamo da ragazzini non era affatto male 2) molti gruppi italiani potevamo tranquillamente rivaleggiare con quelli provenienti da realtà solo teoricamente più fertili.
Questo cd, edito dalla sempre valida Area Pirata, testimonia la bravura e la freschezza, ancora intatta, dei brindisini Blackboard Jungle . I primi sette brani sono quelli che comparivano sul loro mini lp e da cui deriva il titolo di questa raccolta mentre i dodici pezzi che completano questa pubblicazione sono tratti dal demo che lo anticipava, quelli iniziali sono caratterizzati da una resa sonora molto più elevata ma val la pena dare un ascolto anche ai restanti, anche per seguire la crescita della band. Tra i brani spiccano l’iniziale My Sin con il suo incedere spedito che non nasconde suggestioni garagistiche, la cover di Rain On The Scarecrow dal repertorio di John Cougar Mellencamp ,qui riproposta in versione opportunamente vitaminizzata e, sopratutto, il mio preferito, vale a dire il jingle jangle alla R.E.M. molto robusto di Drug Teenage Dealer . L’esaustivo libretto interno vergato dalla penna di uno dei più noti ed apprezzati giornalisti musicali italiani, Federico Guglielmi, che del disco fu produttore, arricchisce un’opera già di per sé molto interessante. Ascoltare i Blackboard Jungle a così tanti anni di distanza non fa che confermare come nelle cantine della nostra misera patria, da nord a sud, ci fossero una miriade di giovani menti distorte con molte, moltissime cosa da dire.
Voto: 7,5/10
Il Santo – IYEzine 16/06/2016
Area Pirata continua il suo certosino e lodevole lavoro di recupero del rock underground italiano, e non solo, degli anni ’80. Questa volta ha riesumato l’unico disco, insieme a delle bonus track, del gruppo brindisino Blackboard jungle, attivo nella seconda metà degli ottanta. Il loro disco fu pubblicato per l’etichetta High Rise del critico Federico Guglielmi mentre oggi, assieme ai ragazzi del gruppo, ha coordinato questa prima ristampa in formato CD. Il gruppo si esprimeva con un rock molto vicino al sound Paisley Underground, in quanto, dati i tempi, cercava di coniugare le radici del classic rock d’oltreoceano con le spinte delle ali del punk, lasciandosi andare anche a momenti psichedelici. In queste tracce si sente molto l’influenza che il quartetto aveva avuto da certo rock newyorkese, per intenderci quello di Spingsteen e De Ville (“Spanish nam“, “Silver“), ma anche da tanto garage-punk (“Drug teenage dealer“), dallo street rock dei ’70 (“Five years“) e dallo stesso Paisley Underground (“I’m a jerk“). Questi sono gli anni ’80 migliori!
Vittorio Lanutti – Freakout Magazine 07/07/2016