Alex Loggia vanta una lunga carriera come musicista, chitarrista, cantante, produttore e compositore.
Per anni colonna portante negli Statuto (con cui ha condiviso i momenti di maggiore successo, dall’apparizione al Festival di SanRemo nel 1992 al concerto in Plaza de la Revolucion a Cuba, davanti a 200.000 persone), protagonista anche con una lunga serie di altri progetti, giunge ora all’esordio solista.
L’album “BlueStar” abbraccia una svariata gamma di influenze musicali, dalla black music al beat, dal brit pop allo swing e tanto altro. E per realizzarlo è stato affiancato da una lunga serie di ospiti prestigiosi, quali:
Madaski (Africa Unite), Antonio Bacciocchi (Not Moving), Paolo Angelo Parpaglione (Bluebeaters), Gianluca Cato Senatore (Bluebeaters), Ferdinando Masi (Bluebeaters), Riccardo Trissino (Bluebeaters),Enrico Allavena (Bluebeaters), Jose Loggia (Soulful Orchestra), Oscar Giammarinaro (Statuto), Giovanni Deidda (Statuto), Rudy Ruzza (Statuto), Claudio Arfinengo (Finardi), Marco Lamagna (Finardi), Andy Macfarlane (The Rock’n’roll Kamikaze), Stefano Piri Colosimo (Bandakadabra), Franco Slep Sciancalepore (De Gregori),Marco Ciari (Blind Alley), Sandra Brizzi (Poker), Davide Cuccu (Materianera), Gigi Rivetti, Fabrizio Carrieri, Stefano Bellezza, Oscar Bruno, Andy Caligaris, Alessandro Costa,Roberta Bacciolo, Elena Bacciolo, Roberta Magnetti, Mike Painter, Zak e Julian Loggia (The Minis)
L’album sarà promosso da un tour che lo vedrà in un combo con Andy Lewis (già bassista e produttore di Paul Weller) e Tony Bacciocchi alla batteria.
Dopo una vita passata nella scena musicale italiana di nicchia, soprattutto insieme a Gli Statuto ma anche in altri ragguardevoli progetti, il chitarrista Alex Loggia si mette in proprio con il suo primo full lenght solista, “Bluestar”. Una fatica degna di nota, in cui Loggia prova (riuscendoci) a tirare le somme di tutti i vari generi musicali di cui è stato interprete nella sua lunga carriera e che ruotano sull’asse della cultura mod, di cui lo stesso artista è stato per anni ambasciatore insieme a Gli Statuto. Non è un caso, infatti, che oltre alla line-up originale della band torinese in Bluestar compaiano nel ruolo di collaboratori altri pezzi da novanta dello ska, del beat e del soul italiani e internazionali. Vale la pena menzionare i Bluebeaters, ma anche Madaski degli Africa Unite, Andy McFarlane (The Rock ‘n’ Roll Kamikaze), Jose Loggia (Soulful Orchestra), Tony Face Bacciocchi e soprattutto Zak e Julian Loggia, i due giovanissimi figli di Alex che lui stesso sta seguendo nella ancor verde ma promettentissima carriera musicale nel trio The Minis. Ce n’è dunque abbastanza per un album intriso delle atmosfere power pop/soul che fanno da filo conduttore nello sviluppo di tutte le quattordici tracce del disco (Abduction, Nothing, Whiskey Time, Think of My Soul), in cui le armonizzazioni tra i fiati sempre ben presenti e la chitarra virtuosa di Loggia creano un groove esplosivo e di ottima fattura.
Non mancano, inoltre, brani facilmente riconducibili all’epoca d’oro de Gli Statuto (spicca la ballata in italiano Dirti, in cui ritroviamo i vecchi amici della band torinese), che sguazzano nelle immancabili ritmiche in levare (Rocksteadybeat) e nel classico “jingle-jangle” alla maniera dei Jam (Elvis Was There), ma anche nel più maturo periodo welleriano degli Style Council tra gradevoli ed eleganti svolazzi acid jazz (By The Way, Keep on Fighting e la conclusiva Bluestar, un lungo tema strumentale interpretato dall’illuminante chitarra di Loggia). In quello che è un vero e proprio compendio delle conoscenze musicali di Loggia, l’artista si avventura con successo anche in atmosfere beat (Don’t Give Me Up), in classiche ballatone dall’inconfondibile sapore britannico (You Don’t Have to Worry, Oh La La) e in divertenti episodi rock ‘n’ roll (Dig It). Una delle migliori uscite Bluestar del panorama di nicchia italiano di questo 2017, un album che abbraccia con gusto e consapevolezza vari generi e che per l’affezionato pubblico mod nostrano (ma non solo) è destinato a imporsi come un “must have” in breve tempo.
Voto: 7,5/10
Riccardo Resta – Distorsioni 07/12/2017
IAmo i proverbi, ne sanno tanto di saggezza popolare, ed inoltre mi incuriosisce tantissimo pensare a quando siano stati coniati, per quale accadimento particolare e da chi.
Nel parlare di questo disco me ne sono venuti in mente due, il primo è dimmi con chi vai e ti dirò chi sei visto il vero e proprio parterre de roi di cui si circonda l’autore nel realizzare questo sua prima fatica solista; sono talmente tanti e rinomati i nomi che collaborano a questo album che viene persino arduo citarli, se siete curiosi andateveli a scoprire e vedrete che sono la crema del panorama rock nazionale. Il secondo è la classe non è acqua dal momento che a realizzare questo disco è Alex Loggia protagonista del periodo aureo degli Statuto e non solo ma vero e proprio artista a tutto tondo tanti sono i progetti che lo hanno visto coinvolto. Come già accennato questo Bluestar è però il reale esordio solista del nostro esordio che come si suol dire mette al suo interno davvero tantissima carne al fuoco.
Si parte con Abducation che introdotta da un ritmo dub va poi a trasformarsi in un brano soul con tanto di cori femminili, vi è poi il pop molto inglese di Elvis Was There, lo ska di Rocksteadybeat, la ballata in odor di sixties di You Don’t Have To Worry per chiudere con il beat garagistico di Dig It (non per nulla il mio pezzo preferito dell’intera raccolta). Tutti i pezzi sono ottimamente supportati dalla voce bella e duttile dell’autore. Non vi nascondo che per i miei canoni quest’album sia un po’ troppo pulito ma penso che molto probabilmente sia stato registrato esattamente come voluto da chi lo ha realizzato.
Bluestar esce solo in vinile, ed in edizione limitata a 300 copie, il mio consiglio, oltre ovviamente a procurarvelo, e quello di riversarlo su di un cd o su di una chiavetta e di ascoltarlo in auto io personalmente l’ho eletto a perfetto intrattenimento (di classe) per viaggiare.
Voto: 7/10
Luca Calcagno – IYEzine.com 03/01/2018
Alex Loggia, ex membro degli Statuto, debutta con un disco a nome proprio, dopo aver suonato e prodotto tanto, in altre parole dopo aver dedicato una vita alla musica, sotto varie vesti: produttore, compositore, musicista, cantante, chitarrista. Questo incipit non è causale per due motivi. Il primo è perché a questo disco vi hanno collaborato molti suoi amici e colleghi che suonano e hanno suonato, tra gli altri con i principali gruppi dell’area ska-rockesteady-reggae, come Madaski (Africa Unite), Gianluca Cato Senatore (Bluebeaters), Ferdinando Masi (Bluebeaters), Riccardo Trissino (Bluebeaters), Enrico Allavena (Bluebeaters), Paolo Angelo Parpaglione (Bluebeaters), Oscar Giammarinaro (Statuto), Giovanni Deidda (Statuto), Rudy Ruzza (Statuto), oltre a Andy Macfarlane (The Rock’n’roll Kamikaze). Il secondo è per i vari generi presenti in queste quattordici tracce. Si passa dal rocksteady della stessa “Rocksteadybeat“, alle evocazioni del pop-soul italiano degli anni ’60 di “Dirti“, passando per il soul-rock di matrice springsteeiana di “Dig it” e il soul-funky di “Nothing“. Insomma ce n’è per tutti i gusti del periodo beat-reggae-soul-funk e dintorni.
Vittorio Lanutti – Freak Out 04/04/2018
Non mi sono mai piaciuti gli Style Council. Mike Talbot c’aveva la faccia del salumiere sotto casa e Paul Weller lo vedevo come un traditore imborghesitosi male. Per anni ho schifato la copia in vinile gatefold di Our Favourite Shop che un bel giorno trovai in mezzo alla mia collezione, comprata da mio fratello chissà dove e chissà perché. La stessa copia, praticamente nuova, che in questa tiepida giornata di fine estate sta girando sul mio piatto mentre fumo e scrivo. E non mi sta dispiacendo.
Ecco. Bluestar mi fa pensare agli Style Council, ma con più chitarre e i Sixties tatuati dietro la schiena. Sto parlando di un album che scalda e rinfresca allo stesso tempo. Un album definitivo (per l’autore), il tipico album dove ti lasci andare e metti in fila le passioni di una vita, tutti i tasselli di una carriera, bussando ai generi musicali che ti hanno fatto battere il cuore fin da ragazzo.
La immagino così la genesi del debutto solista dello storico chitarrista degli Statuto, produttore e molto altro. Alex Loggia infila quattordici pezzi di pop soul, beat, funk, rock blues, r&b e rocksteady il cui comun denominatore è l’eleganza, in fase di composizione e di arrangiamento.
A vestire le canzoni assieme a lui una banda di sarti dalle mani esperte: il pard mod Oskar Giammarimaro, Madaski degli Africa Unite, il sommo Tony Face, Andy Macfarlane di Hormonauts e Rock’n’Roll Kamikaze, diversa gente che ha cucito musiche con Bluebeaters, gli stessi Statuto, Four by Art, Blind Alley, ma anche con Finardi e De Gregori.
L’unico difetto di Bluestar è quello di esser tardivo: poteva e doveva uscire prima. Un vinile da tenere con cura, magari a fianco di quelli degli Style Council che ora non schifo più. Perché, per quanto si possa resistere, sta scivolando via la gioventù.
Manuel Graziani – Manwell Blog 22/08/2018