Cheetah Chrome Motherfuckers – The Furious Era 1979-1987

DLP/DCD
Marzo 2017
Tiratura DLP: 930 copie – SOLD OUT
Tiratura DLP ristampa: 1000 copie
Tiratura DCD: 1000 copie

Formato: Genere:

25.00

Label

Area Pirata

64 in stock

Cheetah Chrome Motherfuckers – The Furious Era 1979-1987

(Pisa, Italy, 1979

That’s where set its pace one of those cult HC-bands destined to leave an unhealed scar in the still-yet-to-come international musical landscape: furious lyrics full-throated by an out of control voice, a fast as lighting abrasive guitar with no place for any melodies but still abruptly original, along with a drumming ready to massacre ears… CCM (a.k.a. Cheetah Chrome Motherfuckers)

Their existence, corresponding with the most prolific HC momentum, ends up in 1987 and their two EPs, the split tape, the LP and the few other scattered songs are by far sufficient to single them out as a standing point and a reference for anyone interested in untamed music.
This release finally fills a gap: their sold out records had never been reprinted so far, thus reaching crazy prices among collectors, while even lame bootleg copies had started to jump out of nowhere.

Since the early start we worked with the two original sound engineers (from West Link Recorders) who had toured and shared all with the band, this “refreshing” of master tapes giving a new incredible shine to the original sound. We decided as well to include in the package pics, gig flyers and even extracts from lyrics.

Members of the band supported this project since the early start with the common mission to bring back to life a palette of that music which used to correspond with everyday living.

For those who luckily had a chance to see them live maybe moshing at one of their sped-up songs, but also for those others fascinated by the mysterious area surrounding their legend. )

Pisa, Italia, 1979.

E’ qui che prende forma una delle HC-Punk band seminali destinate a lasciare un segno nel panorama internazionale di quella scena nascente: testi rabbiosi, urlati da una voce fuori controllo, una chitarra velocissima con trame abrasive, mai melodiche e assolutamente originali e una sezione ritmica pronta al massacro!
Sono i Cheetah Chrome Motherfuckers…

La loro parabola, che coincide col momento più prolifico dell’HC, si chiude nel 1987 e i loro due EP, lo split tape, un LP e una manciata di altri pezzi, sono più che sufficienti per farli diventare un punto di riferimento per chiunque adori quel sound senza compromessi.
Questa ristampa va finalmente a colmare un vuoto che si era protratto negli anni: i loro dischi originali avevano raggiunti prezzi esorbitanti e in giro stavano comparendo sempre più spesso bootleg di qualità davvero scarsa.

Da subito ci siamo fatti coadiuvare presso il West Link Studio da due tecnici del suono che con i CCM avevano condiviso molto, ai tempi, e questo lavoro di mastering ha dato nuova brillantezza ai brani, catturati dai nastri originali. Ma anche a livello di contenuti abbiamo cercato di pubblicare le tantissime foto, flyer – spesso inediti – e allo stesso tempo accompagnarle con testi dei brani o parte di essi.

Fondamentale è stato il supporto ricevuto dalla band in questo progetto e l’obiettivo che speriamo di aver centrato è l’aver restituito un pezzo di storia di quella scena musicale che era anche uno stile di vita.

Per chi i CCM ha avuto la fortuna di conoscerli e pogarli nei loro scatenati live, per chi è rimasto affascinato dall’alone di mistero misto a leggenda che li accompagna e per chi ne ha solo sentito parlare.

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Edizione in vinile: doppio LP 140 grammi vinile nero apribile con doppia inner sleeve con foto, flyer, testi e inserto ‘Discografia’ più biografia in italiano e in inglese.

Edizione in CD: doppio CD che include 36 pagine di booklet ed un materiale ancora più ricco, con copertina sovra cartonata ed un brano inedito finora.
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DCD Tracklist

CD 1

1- 400 Fascists 2- Tellyson 3- Alkool
(taken from 1st 7″ – “Four Hundred Fascists”)

4- Easy Targets 5- Furious Party 6- Frustration I 7- Frustration II
(taken from 2nd 7″EP – “Furious Party”)

8- Voice of the Blood / Barbed Wire World 9- (Right to Be) Italian 10- Nation on Fire 11- Envy (I’m a Mess) 12- Foe or Friend 13- Life of Punishment 14- (We’re the) Juvenile Deliquency 15- Work (means Death) 16- 400 Fascists (in our Town Tonite)* 17- Best Party Ever/No Bore 18- Alkool 19- (Ev’ry day’s a) Reagan Day 20- Bendix Power/Secret Hate 21- Addiction
22- Camp Darby Blues 23- Any Sacrifice 24- Need A Crime / Ultracore

(taken from “Permanet Scar” split with IRI – Side A)

25- Need A Crime 26- No Wordz 27- Terminal Fun
(taken from ‘Berlin session 1982’ (outtake)

28- Commandos 29- Terminal Fun 30- Mad Race
(taken from ‘Senza Tregua’ session 1984)

CD 2

1- Feel Like 2- Enemy 3- Sterilized 4- Sorry /R.M. 5- Daymare 6- Romeo Loves Juliet 7- Strange Pain 8- Crushed By The Wheels Of Industry 9- Into The Void
(taken from “Into the Void” LP)

10- Naymiorenggekkio
(taken from ‘Live at Casalone’ – Bologna, 20/06/1987 – unreleased)

DLP Tracklist

LP 1

Side – A
1- 400 Fascists 2- Tellyson 3- Alkool
(taken from 1st 7″ – “Four Hundred Fascists”)

4- Easy Targets 5- Furious Party 6- Frustration I 7- Frustration II
(taken from 2nd 7″EP – “Furious Party”)

8- Voice of the Blood/ Barbed Wire World 9- (Right to Be) Italian
(taken from “Permanet Scar” split with IRI – Side A)

Side – B
1- Nation on Fire 2- Envy (I’m a Mess) 3- Foe or Friend 4- Life of Punishment 5- (We’re the) Juvenile Deliquency 6- Work (means Death) 7- 400 Fascists (in Town Tonite)* 8- Best Party Ever/No Bore 9- Alkool 10- (Ev’ry day’s a) Reagan Day 11- Bendix Power/Secret Hate 12- Addiction 13- Camp Darby Blues 14- Any Sacrifice 15- Need A Crime / Ultracore
(taken from “Permanet Scar” split con IRI – Side A)

LP 2

Side – A
1- Feel Like 2- Enemy 3- Sterilized 4- Sorry / R.M.
(taken from “Into the Void” LP – Side A)

Side – B
1- Daymare 2- Romeo Loves Juliet 3- Strange Pain 4- Crushed By The Wheels Of Industry 5- Into The Void
(taken from “Into the Void” LP – Side B)

HAVE YOU LISTEN THIS RECORD?

REVIEW

Per chi i CCM ha avuto l’onore di vederli dal vivo (e nel mio caso anche tantissime volte!) non può essere che questa la reazione naturale alla notizia che (finalmente) il loro materiale torna disponibile in modo legittimo ed autorizzato, e non più solo come costosissimo bootleg.
E questa dovrebbe essere anche la reazione di chi dei CCM, e dell’alone di leggenda che da sempre li circonda, ha solo sentito parlare.
E dovrebbe essere la reazione anche di chi non sa neppure chi siano i CCM, che potrebbe attraverso questa raccolta provare a colmare una lacuna quasi incolmabile.
I CCM, una band nata a Pisa nel 1979, che ha proseguito la propria parabola sino al mitico concerto del Casalone del
1987, durante il quale il buon Stefano Ballini registrò, senza saperlo, l’unica versione dell’ultimo brano inedito (“Naymiorenggekkio”) di Syd e company, che segnò la fine di quel concerto e, come ci racconta nel suo libro (“No More Pain”, ne parliamo QUA) Antonio Cecchi (l’unico con Syd ad avere sempre fatto parte del gruppo, prima nel ruolo di bassista e poi in quello di chitarrista), anche la fine della storia della band.
Questo pezzo, registrato con un semplice Walkman (o forse un Gelosino?), vede per la prima volta la luce proprio su questa raccolta. La cosa incredibile è che la qualità del suono, a dispetto della sua origine (una semplice C90, se non sbaglio neppure l’originale ma un duplicato), sembra quella di una registrazione live professionale.
Merito senza dubbio dei due Alessandro, Paolucci e Sportelli, che al tempo condivisero molto con i CCM, e che oggi, nel loro West Link Studio sono riusciti a dare una nuova, incredibile brillantezza ai brani, catturati dai nastri originali (spesso rovinati).
È una vera emozione riascoltare brani così brutali, eppure così elaborati (parlando di loro, Heintz ha coniato il termine di Hardcore Progressivo), che vanno dalle origini di “400 Fascists” all’Album americano, “Into The Void”, passando per l’altro sette pollici (“Furious Party”) e per la mitica split tape con gli I Refuse It! (“Permanent Scare”) ed altre songs. Manca solo il Berlinese live in So. 36, ma non si può avere tutto….
Difficile consigliare un pezzo o l’altro. Per me tutti rappresentano molto. Ed è incredibile come, a distanza di così tanti anni, ogni stacco ed ogni cambio siano ancora impressi nella mia memoria, a testimonianza di quante volte ho ascoltato questi dischi, arrivando letteralmente a consumarli.
La raccolta è stata curata da Area Pirata, ma avrebbe voluto pubblicarla addirittura Jello Biafra sulla sua Alternative Tentacles (come mi raccontò al termine del concerto della sua Guantanamo School of Medicine a Bologna).
Per i collezionisti, segnalo che l’edizione in vinile, un doppio LP 140 grammi in vinile nero, apribile con doppia inner sleeve, contiene foto, flyer, testi e inserto ‘Discografia’ più la biografia in italiano e in inglese.
L’edizione in CD (doppio) include invece 36 pagine di booklet ed un materiale ancora più ricco, con copertina sovra cartonata ed il suddetto brano inedito finora.

Voto: 5/5
Riki Signorini – Ribelli a Vita Blog 24/02/2017

 

Ci fu un momento in cui l’hardcore punk italiano tracciava la linea, era un fenomeno tra i più creativi e innovativi al mondo.
Uscirono nomi come Indigesti, Raw Power, Negazione, Impact, Kina, RAF Punk, Wretched, Crash Box, Fall Out, Bloody Riot tra i tanti.
Ma appena prima i pisani CHEETAH CHROME MOTHERFUCKERS incominciarono ad accelerare i tempi, sempre più veloci, cattivi, acidi.
Proseguirono in modo ancora più devatsante la lezione dei Germs e la portarono all’estremo.
AREA PIRATA ristampa ora su vinile e CD (con un deragliante inedito live di oltre dieci minuti e alcune outtakes) i primi due Ep (“400 Fascists”, “Furious Party”), lo split con gli I Refuse It! “Permanent scar” e l’album “Into The Void”.
Notevole il booklet tra foto, testi e volantini.
Un pezzo di tagliente, scorticate, urticante storia.

Tony Face – Blog 16/03/2017

Sono almeno quindici anni che aspetto l’uscita di questo disco. E adesso, finalmente, grazie ai ragazzi di Area Pirata, questa maledetta attesa è finita. Anche perché, se dai primi Duemila a oggi, il revival dell’hardcore italiano Anni Ottanta aveva regalato ai pischelli come me l’opportunità di recuperare a prezzi umani quasi tutto il ben di Dio uscito nel corso di una delle migliori stagioni della musica underground di casa nostra, in tutto questo tourbillon di ristampe mancava all’appello una della band cardine di quegli anni furiosi: i Cheetah Chrome Motherfuckers. Per una ragione o per l’altra, infatti, la band toscana era rimasta fuori da quella raffica di riedizioni (tanto che mi ero dovuto procurare un maledetto bootleg giapponese registrato col culo per potermi sentire “400 fascists” e compagnia bella); ma, ora per fortuna, quel vuoto è stato colmato. E alla grande oserei dire.
Perché nei due succosi vinili (o cd, dipende dalla versione che preferite) chiamati “The Furious Era 1979-1987” appena sfornati da Area Pirata c’è tutto lo scibile pubblicato dai nostri, dal primo 45 giri al travolgente “Into the void”. Un decennio di musica suonata a mille all’ora, lacerante e lacerata, furiosa (come ci ricorda il titolo della raccolta) e dannatamente eccitante. Nessuno suonava e ha mai suonato come i CCM e lo sapeva bene gente del calibro di Jello Biafra, che ne ha sempre tessuto le lodi. E sentendo questa strepitosa raccolta – coi pezzi rimasterizzati e resi ancora più potenti – non può che venire voglia di lanciarsi contro le pareti del salotto (o della cameretta) e pogare come dei maledetti invasati. Area Pirata, tra l’altro, ha fatto le cose davvero in grande, visto che tre o quattro mesi fa ha dato alle stampe anche una succosissima biografia dei CCM intitolata “No more pain”, scritta da Antonio Cecchi, storico, bassista e poi chitarrista della band. Un volume fondamentale per capire l’hardcore italiano e un altro tassello che ci consente di rimettere insieme il mosaico di quell’epoca irripetibile.
Tornando al disco, è davvero difficile dire qualcosa di originale su una band come i CCM. Quindi mi limiterò a ribadire che album come questi vanno al di là della musica che contengono (che a mio parare resta bellissima, anche se capisco che possa essere roba piuttosto forte anche per chi ascolta punk): dentro questi solchi c’è la storia della musica italiana. Canzoni che ancora oggi fanno malissimo e che è davvero difficile riuscire a inquadrare. Ps il vinile è più figo, ma nel cd ci sono dei pezzi live in più.
Fate la vostra scelta.

Diego Curcio – Genova Quotidiana 16/03/2017

 

“L’hardcore italiano è stato nel suo insieme un movimento influente, ed i gruppi di valore furono diversi, ma a metà anni Ottanta c’erano quattro gruppi-simbolo con quattro dischi simbolo: Raw Power con ‘Screams from the gutter’, Indigesti con ‘Osservati dall’inganno’, Negazione con ‘Lo spirito continua’, e CCM con ‘Into the void’. I quattro gruppi che arriveranno a fare un tour USA. Cheetah Chrome Motherfuckers, o CCM: a parlare con gente più giovane di me, dal vivo o sui social, ho sentito varie espressioni – “i più feroci”, “i più aggressivi”, “Facevano paura”. La cosa è senz’altro collegata ad una foto (Syd che si sfregia l’addome con una bottiglia rotta), e per chi li ha visti dal vivo all’epoca, alla presenza scenica dello stesso frontman. Una cosa è sicura: ispiravano rispetto, ed incutevano una certa soggezione – quando Syd buttava per aria biglietti da mille lire cantando “money in my pockets” (“Crushed by the wheels of industry”), NESSUNO si chinava a raccoglierne uno, neanche il balordo più ubriaco”.

Questo è un’estratto della mia introduzione a “No more pain”, la storia dei CCM scritta da Antonio Cecchi, uscita lo scorso dicembre per Area Pirata (www.areapirata.com). Ora la stessa etichetta fa uscire la ristampa integrale di quanto inciso dalla band, il tutto dopo una rimasterizzazione eccellente. Il ricordo dei Cheetah Chrome Motherfuckers in Italia si è affievolito col tempo. A differenza di Negazione e Raw Power, erano già sciolti a fine anni ’80, quando la popolarità dell’hardcore punk italiano si era estesa al di fuori della scena hc, arrivando anche tra i metallari (i Negazione apriranno il Monsters of Rock 1991). A differenza degli Indigesti non si sono riuniti, né negli ultimi trent’anni ci sono state ristampe dei loro lavori, se non sotto forma di bootleg di vario genere. I loro due primi 7′ su Discogs viaggiano sul centinaio di dollari, ma mi hanno riferito che “Furios Party” è stato avvistato a NY in un mercatino a ben 200 dollari. Quindi band storica che è diventata negli anni oggetto di collezionismo. Il rischio di restare una polverosa leggenda underground sui cui qualcuno faceva piccole speculazioni non autorizzate era notevole. Da cui, alla fine, la ristampa. Ma veniamo alla musica. In un tempo in cui per molti hc vuol dire ritmi squadrati e riff metallizzati, questa è roba dell’altro mondo. Si parte dal furioso hardcore punk degli inizi, incardinato su riff spesso assolutamente memorabili di Dome la Muerte (“400 Fascists”, “Frustration”), e si arriva ai brani di “Into The Void”, con Antonio Cecchi alla chitarra che, ancora in un contesto irriducibilmente hc, tira fuori la sua formazione zappiana, convertendola in un guitarwork fatto di armonie e ritmi non euclidei, creando un precursore di quello che dieci anni dopo e passa saranno Botch e Converge. ‘The Furious Era’ è disponibile in doppio lp, doppio CD e su bandcamp. Parafrasando un’icona dell’hardcore e del punk, questa è una raccolta assolutamente essenziale se siete un fan dell’hardcore, non importa da che scena veniate, dovete ascoltare questa band.

Heintz Zaccagnini – Hardsounds – Rock & Metal magazine 10/03/2017

 

 

L’hardcore italiano degli anni’80, quello fatto di Wretched, Negazione, Indigesti, Nerorgasmo, Putrid Fever, I Refuse It! e tanti tanti altri, è francamente insuperabile. E’ inutile alambiccarsi, sforzarsi, non c’è scampo: quei tempi non torneranno mai più. Quell’energia, quell’attitudine sono irreplicabili. Certo, oggi l’Italia può contare su band validissime, ma quell’originale urlo si è spento irrimediabilmente. Non prendete le mie parole come quelle di un nostalgico, io adoro l’hardcore dei giorni nostri. E’ una semplice constatazione. Bene, terminate le mie riflessioni, concentriamoci su questa ristampa della discografia dei CCM. Area Pirata ha fatto un lavoro semplicemente incredibile: i pezzi sono stati passati al setaccio dai valenti ragazzi del West Link Studio e riportati alla luce in tutta la loro rutilante e brutale essenza. Ben diversa dalla resa sonora dei bootleg che sono fioccati come funghi negli ultimi anni. Ed infatti questa uscita è anche una risposta a ciò. I CCM sono stati un gruppo leggendario, per certi versi precursore di ciò che sarebbe venuto dopo. La voce abrasiva di Syd, la sua fisicità dirompente, il sangue che scaturiva dai tagli che si auto infliggeva dal vivo sono l’essenza primaria dei CCM. Un selvaggio (ma con il senno di esserlo) dietro al microfono, un istrione capace di catalizzare su di sè tutta l’energia sprigionata da un suono scalpitante. La chitarra è un serpente a sonagli pronto a mordere e fa male molto male. Scariche elettriche di pura violenza, prive di qualsiasi melodia. Un pugno in faccia. Una batteria minimale e affilata, coadiuvata da basso martellante e suonato con una ferocia senza pari. La ferocia muoveva i CCM, quella furia fuori controllo che ha ammaliato pure Jello Biafra la volta che li vide a San Francisco nel tour statunitense del 1986, quello in cui poi venne registrato ‘Into The Void’. In questo vinile la troverete intera e senza sconti: dai 7″ ‘400 Fascists’ e ‘Furious Party’, allo split con gli I Refuse It! fino al già menzionato ‘Into The Void’. In conclusione troviamo un brano inedito di 10 minuti, dal titolo ‘Naymiorenggekkio’ (registrato da Stefano Ballini di Trippa Shake ‘zine con un registratore durante lo storico concerto al Casalone di Bologna in compagnia di Negazione e Indigesti): strano e conturbante, forse lasciava presagire il nuovo corso sonico che la band avrebbe intrapreso se non si fosse sciolta. Completa il tutto un ottimo lavoro grafico con foto, flyer e la biografia. Questa discografia è un monumento ad uno dei più grandi gruppi hardcore punk di sempre.
Voto: 10/10
Marco Pasini – Salad Days 27/03/2017

 

Esattamente a trenta anni dal loro scioglimento finalmente vede la luce la ristampa dei dischi dei pisani Cheetah Chrome Motherfuckers, o più semplicemente CCM, band di culto della scena hardcore, che nel corso dei suoi otto anni di attività si è guadagnata grande rispetto e seguito sia in patria che all’estero. Non ci sbagliamo a dire che questa splendida edizione curata da Area Pirata renderà felici molti appassionati, che in tutti questi anni hanno dovuto far riferimento al mercato del collezionismo o accontentarsi di qualche bootleg delle loro infuocate esibizioni live. Felici i fan lo saranno anche perché questa ristampa risponde perfettamente a tutti i requisiti necessari: completezza, c’è tutto il materiale ufficiale edito dalla band, rigore filologico, il materiale è ordinato cronologicamente e riproposto esattamente com’era apparso all’epoca, esaurienti note informative, ricco apparato fotografico e, soprattutto, eccellente qualità del suono, frutto di un lavoro attento e scrupoloso. Per scrivere questa recensione ci siamo avvalsi dell’ottima edizione in doppio vinile, ma non c’è motivo di dubitare che anche quella in cd mantenga intatte queste qualità. A ulteriore garanzia va detto che sia pure a distanza di trent’anni durante i quali ogni membro ha preso strade diverse, per questa edizione il modus operandi dei CCM non è cambiato: controllo collettivo e totale sulla produzione e scelte concordate democraticamente fra tutti.

E allora non resta che buttarsi nell’ascolto di queste 34 tracce (l’edizione in cd contiene sei brani inediti in più rispetto a quella in vinile, fra cui l’infuocata e vulcanica Naymiorengekkio, ripresa da un’esibizione live) che hanno segnato un momento importante nella storia del rock furioso e radicale, quello che non accetta compromessi, che non fa nulla per piacere. I CCM furono davvero una macchina da guerra, chi ha visto un loro concerto non può che essere rimasto colpito dalla foga e dalla forza impressionante del loro impatto sonoro, non solo la voce sconvolgente e furiosa dell’inconfondibile Syd, ma anche i violenti e rabbiosi riff di chitarra e la tellurica sezione ritmica hanno lasciato un’impronta difficilmente cancellabile. Anche per gli stessi musicisti l’esperienza dei nove anni con i CCM deve essere stata così totale e coinvolgente da averli completamente spremuti, tanto che nessuno di loro ha poi proseguito una carriera musicale, tranne il solo Dome La Muerte che però aveva abbandonato il gruppo nel 1982 per unirsi ai Not Moving. “The Furious Era 1979-1987” consente anche di apprezzare l’evoluzione qualitativa della band partendo dai fulminanti e, secondo l’estetica punk, brevissimi brani degli esordi come 400 Fascists, probabilmente il primo brano autoprodotto della scena hardcore italiana, a “Into The Void“, l’unico lp pubblicato dalla band e ovviamente qui riprodotto integralmente, nel quale, pur non perdendo nulla della loro fulminante carica energetica, si nota una sempre maggiore attenzione nella costruzione dei brani e una raggiunta maturità musicale, ne è un esempio Crushed By the Wheels of Industry con i suoi cambi di ritmo e la citazione-omaggio agli Area dell’Internazionale, non a caso per la musica dei CCM fu creata la definizione, apparentemente contraddittoria, di symphonic hardcore.

Ignazio Gulotta – Distorsioni 06/03/2017

 

Il 18 Gennaio del 1981 Pisa viene invasa da uno sciame di paracadutisti in borghese. Sfilano in parata, ma a parte l’andatura da allievi dei marines e gli inni militari che cantano a squarciagola mentre avanzano compatti, si confondono tra la gente. Perché l’obiettivo non è rendere omaggio alla Bandiera e mostrare gli anfibi lustrati al Capitano. Stavolta si tratta di una spedizione punitiva. Era successo che all’inizio di quell’anno due reclute erano state coinvolte in una rissa in un bar della città. La Folgore era stata dunque ferita oltre che nei testicoli dei malcapitati, nel proprio orgoglio. Sotto l’ordine di un sottotenente si radunarono in quattrocento.

E marciarono impettiti verso quel bar. Per lavare l’offesa.

Durante la marcia altri ragazzi, anche loro senza divisa ma soprattutto senza mostrine, cercano di speronare il gruppo. Li affiancano con gli scooter, simulano una carica, li apostrofano con epiteti come “bastardi” e “fascisti”, finchè i fascisti si riconobbero in quegli appellativi e montarono sui civili, menandoli e scaraventano nell’Arno qualche motorino.

Il racconto di quella cronaca finì, sintetizzata col fast forward, dentro il primo singolo della più violenta compagine punk della città di Pisa. Il pezzo si intitolava, ovviamente, 400 Fascists. La band invece, in onore del chitarrista dei Dead Boys, si chiamava Cheetah Chrome Motherfuckers.

La cronaca dei CCM invece esce ora, integrale, su questa raccolta che parla di come i topi invasero la città e se ne riappropriarono, eleggendola a Granducato.

Un’orgia hardcore che non trovate su YouPorn e neppure nelle scalette di Virgin Radio, la radio rock del regime Berlusconi.

E che fareste bene ad ascoltare, se non avete paura di chitarre che suonano come randellate e delle voci che vomitano rabbia anziché gongolare per placare il prurito intimo femminile.

Sberle. Mazzate. Sputi. Gengive che sanguinano.

Se non siete morti allora, potreste farlo adesso.

Lys Di Mauro 01/04/2017

Quello che rappresentano per me i CCM lo sapete tutti se avete letto il libro del carissimo amico  Antonio Cecchi. Cercherò tuttavia di non replicare le parole scritte e di non farmi ammaliare come faccio sempre quando li ascolto…. beh… la prima cosa che mi viene in mente sentendo questo disco dopo tanti anni è la parola “Evergreen”, il loro furiosissimo HC è adatto a qualsiasi tempo, musicalmente erano estremi ma terribilmente efficaci. Ogni volta che ascolto Furious Party mi viene sempre lo stesso impeto e voglia di prendere una sedia e fracassarla nel primo muro nelle vicinanze… e poi magari voglio rivedere la scena al rallentatore. I CCM erano forti, molto!
Dentro a questo gioiello di Area Pirata c’è tutto quello che hanno fatto i CCM, dallo split con gli I Refuse It, il demo, i sette pollici, Into the Void e un brano registrato dal sottoscritto il 20 giugno 1987 al Casalone di Bologna con lo walkmen, cappero che lavoro che ha fatto Ovi al Westlink!!!!! la masterizzazione è di livello altissimo così come il booklet, le info e tutto il resto e quindi il preziosissimo lavoro di Area Pirata, sarebbe uno sbaglio segnalare alcuni brani soltanto, anche perché ogni disco, ogni lavoro ha avuto la sua importanza e la sua storia nel suo momento storico, per cui tutto è fondamentale e necessario.
Continuo ad ascoltare questo disco in macchina e non mi annoia mai, vorrei trasmetterlo musicalmente alle nuove generazioni, sarebbe utilissimo… a me i CCM, in certi momenti fanno proprio bene! Ho visto solo il loro ultimo concerto, quello del Casalone ma me li ricordo come ora, erano musicalmente di un’altra era, ma decisamente attuali allora come oggi e sicuramente lo saranno fra tanto tempo, i CCM erano… i CCM sono…

Stefano Ballini – Trippa Shake Webzine 05/04/2017

 

Di tutte le storie collegate alla scena hardcore italiana, alcune sono rimaste patrimonio esclusivo e gelosamente custodito da chi quello spirito l’ha vissuto sulla propria pelle (o lo ha fatto suo in seguito), non come mero ascoltatore occasionale ma come adepto di un’esperienza in grado di cambiare per sempre approccio al suono e rapporto con la musica. Alcuni nomi sono usciti dagli steccati, hanno raggiunto un pubblico più vasto e sono in qualche modo divenuti simbolo di quell’epopea, grazie ai molti musicisti -anche internazionali – che li citavano tra le proprie influenze e alle numerose ristampe, pubblicazioni, articoli, magari al semplice fatto che le band non si erano mai realmente sciolte o si erano riformate in seguito. Un nome su tutti, però, è rimasto nella leggenda e si è trasformato in un vero e proprio culto: nessuna reunion, nessuna ristampa, nessuna fonte scritta che non fossero articoli di vecchie ‘zine o racconti in terza persona, il che non ha comunque impedito che lo stesso rimanesse vivo e restasse impresso a fuoco nell’immaginario di chi ha saputo portare avanti e rigenerare l’originario spirito hardcore. I C.C.M. (Cheetah Chrome Motherfuckers) riescono ancora a provocare un brivido lungo la schiena al solo venir nominati, sono oggetto di storie e aneddoti a cavallo tra reale e immaginario, quasi un test per comprendere se chi si ha davanti sia un “fratello” o un semplice visitatore, una cosa da “locals only” insomma. Merito di un approccio senza compromessi, ruvido, ostile, e di un’attitudine selvaggia e geniale che li ha portati a lasciare un segno netto su chiunque abbia attraversato la loro strada, una cicatrice destinata a restare profondamente impressa nel bene e nel male.

La musica dei C.C.M. è viva, pulsante, sanguina, si contorce, colpisce rabbiosa come una belva ferita, sa di urgenza e necessità di urlare, porta su di sé fiera i tratti distintivi della propria terra e del proprio vissuto quotidiano, non punta al premio simpatia, non cerca scorciatoie per arrivare all’ascoltatore, non flirta con generi più appetibili, né si propone di innovare per il gusto di farlo, eppure è anche unica e realmente nuova, irripetibile per molti versi e per questo capace di entrare nel cuore dell’impero e guardare dritta negli occhi i grandi nomi, spesso anche in modo feroce e intimidatorio. Per nostra fortuna, Area Pirata, in collaborazione con lo storico bassista/chitarrista Antonio Cecchi, ha deciso di rendere finalmente giustizia alla band con una raccolta completa e curatissima, a partire dal ricco e “ciccissimo” booklet, una di quelle operazioni filologiche che solo chi è autenticamente coinvolto poteva portare a termine, con una dedizione e un rispetto che trasudano palpabili dal risultato finale. Insomma, stanchi di vedere battere in rete gli originali a prezzi proibitivi o a confrontarsi con raccolte bootleg, i protagonisti hanno in ultimo deciso di rendere disponibile – in modo semplice e al contempo con la giusta cura – il proprio lascito in note, così da offrire all’ascoltatore un quadro completo e fedele di quello che la formazione ha rappresentato e del suo immaginario.

A questo pacco natalizio si deve aggiungere il libro di Cecchi “No More Pain”, la ciliegina sulla torta per un tributo che, oltre ad essere inaspettato, supera anche le più rosee aspettative quanto a completezza e dettagli. Crediamo non serva davvero aggiungere altro, anzi, il resto lo lasciamo a una chiacchierata con l’autore del libro, perché anche per noi quello dei C.C.M. è un nome importante e di cui andar fieri pure oggi.

Michele Giorgi – The New Noise 27/03/2017

 

I Cheetah Chrome Motherfucker sono un pezzo di storia della musica punk e underground italiana. La band si è formata a Pisa nel 1979. Il primo nucleo era formato da Antonio Cecchi e Syd Migx. Successivamente si sono uniti due “storici” e mitici personaggi della scena musicale pisana come il chitarrista Dome La Muerte – poi con i Not Moving – e il batterista Andrea “Vipera” Salani, attivo ancora oggi con diversi progetti neo ’60 – l’ho visto suonare dal vivo anche con i Liars.
Il loro primo 7° EP 400 Fascists è avvolto da un’aura di leggenda: è molto probabile che si tratti del primo singolo autoprodotto nella storia della musica punk hardcore italiana. Il pezzo rievoca una storia vera: la fine degli anni ’70 era un periodo di forti tensioni sociali e politiche e a Pisa, dove si trova una caserma dei paracadutisti, sfilarono 400 parà in una sorta di caccia al rosso fra l’indifferenza delle forze dell’ordine mentre venivano gridati slogan come “Sieg Heil!”.
L’urgenza espressiva dei CCM – altra sigla con cui erano conosciuti – si traduceva in un sound grezzo e dirompente con la chitarra ultraveloce di Dome La Muerte e la sezione ritmica potente che creava un vero e proprio muro di suono mentre i testi parlavano di rabbia sociale. Sin da dubito CCM diventarono un gruppo di culto all’insegna del rifiuto di qualsiasi compromesso. Il successivo EP Furious Party viene registrato a Berlino: il gruppo in quel periodo soggiornava nel quartiere di Kreuzberg non lontano dal famigerato Checkpoint Charlie vicino al Muro. Successivamente Dome La Muerte lascia il gruppo per unirsi ai Not Moving ma questo fatto non farà desistere i CCM che continueranno imperterriti la loro attività con diversi concerti insieme a nomi come Negazione Kina!.
Nel frattempo il gruppo era ormai maturo per la registrazione di un vero e proprio album che venne registrato ad Indianapolis dopo un tour americano assieme a D.O.A., Taxic Reason e False Prophets: Into The Void – pubblicato dalla Belfagor Records – è oggi considerato un classico del punk-hardcore. Dopo un ulteriore e massacrante tour europeo il gruppo inizia a palesare segni di stanchezza che porteranno infine allo scioglimento nel 1987.
Per molti anni i dischi dei CCM sono state delle vere e proprie rarità nel mercato collezionistico. Ora la coraggiosa e meritoria etichetta di Pisa Area Pirata pubblica The Furious Era 1979-1987, un doppio Cd e doppio LP che contiene tutta la loro produzione: nel primo disco ci sono i due primi EP e lo split registrato con gli I Refuse It! Di Firenze oltre a delle outtakes provenienti dal periodo berlinese e sessioni registrate per la compilation Senza Tregua. Nel secondo troviamo invece Into The Void e una traccia registrata dal vivo a Bologna nel 1987.
The Furious Era 1979-1987 è un tassello indispensabile per chi voglia capire la musica e il contesto culturale underground italiano del periodo.

Cesare Buttabuoni – Ver Sacrum 07/04/2017

 

Avvertenza: questa non è una recensione comune, forse non è neppure una recensione né vuole esserla, è solo una carrellata di ricordi pensieri e considerazioni; chi continua a leggerla in fondo è stato avvisato. Quando mi è arrivato questo disco mi sono venute in mente due canzoni che con i CCM c’entrano tanto come niente, la prima è I Migliori Anni Della Nostra Vita di Renato Zero.

Già perché è proprio ai migliori anni della mia vita che risale una Sony HF da 90, che ancora possiedo, con una semplice e lapidaria intitolazione: hardcore italiano. Me l’aveva registrata il ribelle del mio paese, il punk del quartiere, tal Valerio (che poi non pago di rumore passerà armi e bagagli al black metal) dentro c’era un sacco di band che a primo ascolto trovai esasperanti e fra queste c’era anche il combo pisano in oggetto, insieme ad altri nomi poi diventati leggenda.

Ci vollero parecchi ascolti per farmi andar giù quei suoni aspri e disturbanti ma poi fu amore, un amore che dura ancor’oggi. La seconda è La Storia Siamo Noi di Francesco De Gregori prima di tutto perché questo disco ha fatto storia, ma solo questo in fondo sarebbe banale ed eccovi quindi un aneddoto che fra di noi ha fatto leggenda e che mi piacerebbe fosse confermato e smentito dopo queste mie righe. Si narra infatti che il cantante dei CCM Syd a Londra abbia riconosciuto il fu vocalist degli Skrewdriver Ian Stuart è parafrasando una sua (loro) canzone Shove The Dove lo abbia platealmente sfidato a schiacciare un pennuto come citato nel pezzo.

Ripeto non so se il fatto sia accaduto davvero ma da quando l’ho sentito (un sacco di anni fa) mi è sempre piaciuto pensare fosse una cosa vera. E il disco direte voi? Beh io vi avevo avvertito che avrei parlato d’altro, comunque si tratta dell’opera omnia di una band indimenticabile, una fra le massime rappresentanti di quella scena hardcore italiana conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo ed è la prima volta che viene ristampata. Inoltre oltre il doppio cd l’operazione è completata da un ottimo libretto interno ricco di foto, informazioni e testi.

Insomma i migliori anni della nostra vita e la storia siamo noi, poche volte come questa FONDAMENTALE!

Voto 9,5/10
Luca Calcagno – IYE.ezine 07/04/2017

 

La storia dei Cheetah Chrome Motherfuckers (da qui in avanti CCM) è la storia dell’Hardcore italiano, ovvero di quel movimento musicale e controculturale che, per buona parte degli anni ’80, ha messo a ferro e fuoco tutta la Penisola, dalla province alle città, ottenendo riconoscibilità e rispetto anche fuori dai nostri confini, vedi, ad esempio, il successo negli States dei Raw Power. The Furious Era 1979-1987 è la prima (e, direi, sacrosanta) raccolta ufficiale che rende finalmente giustizia alla band di Syd e Dome La Muerte, raccogliendo praticamente tutto il materiale pubblicato negli 8 anni di vita del gruppo toscano, partendo dai due 7″ (l’omonimo e Furios Party), passando da Permanent Scar e concludendosi con l’unico e vero lp dei CCM, Into The Void.

È come al solito la mai troppo lodata Area Pirata Records a fregiarsi di tale merito, pubblicando il disco in due diverse ed eleganti confezioni doppio lp/doppio cd, piene di foto dell’epoca che ritraggono i CCM nel loro ambiente preferito, ossia sopra un palco. Era infatti la dimensione del live l’ambiente più consono per i nostri, dove il loro Hardcore primordiale poteva sprigionarsi in tutta la sua ferocia. Fu proprio al termine del lungo e massacrante tour europeo del 1987 (che aveva fatto seguito ad un tour negli Usa di spalla a gruppi come i DOA) che i CCM implosero, consci di aver dato tutto e di aver esaurito la propria spinta creativa. Prima di ciò c’era stata la fondamentale esperienza del Granducato Hardcore, sorta di movimento spontaneista che legava in una rete (moolto pre-internet, ricordiamolo) un insieme di band e appassionati che univano le forze in un ottica totalmente DIY allo scopo di diffondere musica, fanzine e altro.

Venendo alla musica dei CCM, la caratteristica che la definisce meglio è sicuramente la mancanza di compromessi: senza compromessi era la voce da cane rabbioso di Syd, senza compromessi erano le linee chitarristiche nervose e prive di qualsivoglia linea melodica di Dome, incompromessa era anche la furia e la velocità della base ritmica (Antonio Cecchi e “Vipera” Salani). Una furia radicale che attraversa come un veleno letale tutta la prima fase produttiva dei CCM e che non fu minimamente scalfita dai successivi sperimentalismi che caratterizzano Into The Void, album di Hardcore aspro, contorto e allucinato. Uno dei migliori dischi di HC italiano dell’epoca. Sì, perchè “l’HC italiano” fu veramente un genere musicale a sé, facendo scuola in tutto il resto dell’Europa fino agli USA; band come CCM, Negazione, Kina e Indigesti (solo per citare quelle di punta) facevano musica libera dai modelli di riferimento esteri. Un patrimonio della nostra musica Rock, un po’ come i CCCP lo sono stati per il Punk.

Per cui, questa raccolta dell’opera omnia dei CCM assume un valore storico abbastanza fondamentale. Fatela vostra.

Denis Prinzio – Impatto Sonoro 14/04/2017

 

Quando una volta si parlava di Granducato Hardcore il primo nome che usciva dalle bocche di tutti era proprio il loro: CCM, per gli iniziati, o Cheetah Chrome Motherfuckers, per tutti gli altri.
Da Pisa con furore la band di Dome La Muerte (poi nei Not Moving) e soci seminò il panico in tutto lo stivale per poi riversare furia e italian pride nel resto d’Europa e pure negli Stati Uniti.
Quelli furono anni magici per l’Italia antipop: avevamo molto da dire e spesso lo urlavamo meglio di chi aveva la fortuna di non essere nato alla periferia dell’Impero.
Erano gli anni di Negazione, Indigesti, Raw Power, Wretched, delle autoproduzioni, e dei centri sociali che spingevano la cosiddetta scena.
Si correva come pazzi, si sputavano sangue e sudore, e l’attitudine era tutto.
I CCM però erano diversi.
Avevano una sorta di marcia in più, dove l’impellenza espressiva non era unicamente la mera sommatoria di testi rabbiosi, musica spaccaorecchie e stage diving, ma anche, e soprattutto, l’area di sfogo del notevole carisma di chi il palco lo sgretolava sera dopo sera.
Durarono più o meno dal 1979 al 1987, dando alle stampe una discografia tanto estesa quanto schizofrenica, ora preda di collezionismi altrettanto isterici.
Ci salva dal destino (economicamente) avverso la sempre pregevole Area Pirata che qua combina l’affaire dell’anno e che, con la supervisione degli stessi CCM, dà vita a questa raccoltona super esaustiva e rimasterizzata che ripercorre le tappe salienti della vita della band, corredata inoltre dai preziosi inserti contenenti testi e moltissime foto inedite.
Per il formato c’è solo l’imbarazzo della scelta tra il doppio cd che potremmo definire “deluxe”, con un inedito, e l’edizione gatefold in doppio vinile nero 140 grammi.
Insomma un acquisto che nel 2017 si rivela imprescindibile per chi ama l’hardcore in tutte le sue declinazioni, al di là di qualsiasi appartenenza anagrafica.
Radici e orgoglio!

Davide Monteverdi – Razzputin Crew Milano 15/06/2017

 

C’era una volta l’hardcore italiano da esportazione. C’era una volta il Granducato Hardcore. Questo potrebbe essere l’incipit di una favola rock. Invece no! È la recensione di uno dei più importanti gruppi punk italiani. Quindi niente favole, né rockstar, né successo, né groupies, né eccessi o droghe. Soltanto del fottutissimo punk. Diretto, veloce, essenziale e politico! Ancora una volta si ringrazia l’Area Pirata per aver recuperato un pezzo importante della storia musicale italiana. In questo caso si tratta dei CCM, band hc-punk pisana attiva tra il 1979 e il 1987 e che, come altre band italiano hc di quegli anni (Negazione, Indigesti, I refuse It! e tanti altri) furono ben apprezzate anche oltreoceano. I CCM erano pisani, per cui facevano parte del Granducato Hardcore, giro di band punk toscane.
L’Area Pirata ha deciso di pubblicare questa antologia, in due cd, perché si era creato un vuoto a causa del fatto che i loro dischi originali avevano raggiunto prezzi esorbitanti e in giro stavano comparendo sempre più spesso bootleg di qualità molto scarsa. In questa antologia sono presenti 2 Ep: “400 fascits” e “Furious party“, una manciata di outtakes e due dischi: “Permanet scar” che fu pubblicato come split con gli I refuse It! e “Into the void“.
In questi 40 brani potrete trovare tutta l’essenza del punk, tra pezzi velocissimi e diretti, tirati e politicizzati come “400 fascists”, passaggi verso l’alt-rock alla Nomeansno (“Sorry/R.M.”), passando a brani che evocano l’ultima fase dei Black Flag, vale a dire quelli in cui c’era il passaggio dall’hc alle lungaggini jazzofile (“Naymiorenggekkio”).
La tensione è sempre molto alta, che rispecchia quelle sociali vilmente sopite con la droga negli anni ’80. I CCM come tutti i gruppi hc italiani e Usa non ci stavano alla costruzione di quello che allora era il nuovo ordine mondiale ordito da quei criminali sociali di Regan e Tatcher e in Italia da Craxi, Andreotti, mafie, ecc, per cui cantavano a loro modo il condivisibilissimo dissenso. Quanto ci mancano!

Vittorio Lanutti – Freak Out 19/05/2017

 

 

Non è mai facile parlare della scena musicale italiana senza cadere in facili campanilismi, nel bene e nel male. Scena, passata o presente che sia, che per fortuna non “vanta” solo fenomeni come Gabbani, Rovazzi o Fedez. Anzi, tra le varie eccellenze che il Bel Paese può annoverare, mi piace ricordare la gloriosa scena prog rock degli anni Settanta, seconda solo per quantità e qualità alla scena (madre) inglese. Ovviamente è l’umile opinione di chi vi scrive, ma gruppi come la PFM, Banco del Mutuo Soccorso, Le Orme, Area e compagnia suonante hanno scritto senz’altro pagine indelebili nella storia della musica rock italiana, ottenendo riconoscimenti prestigiosi perfino da Oltremanica.

Qual è il nesso tra due scene molto distanti come quella progressiva e quella hardcore e, più in particolare con i CCM, vi starete domandando? Ebbene, innanzitutto l’esser riusciti a farsi conoscere e apprezzare all’estero, tanto da imbarcarsi in tournée sia negli States, sia nel Vecchio Continente. Un miraggio per molte band di ieri e di oggi. Storie di vita vissuta, invece, per Negazione, Indigesti e gli stessi CCM o addirittura una consacrazione anche maggiore che in patria per i Raw Power (tuttora ospiti abituali dei principali festival esteri). In secondo luogo, parlando più nello specifico dei Cheetah Chrome Motherfuckers (right, guys?) è la band stessa a raccontare quanto siano rimasti colpiti dai gruppi sopracitati dopo averli visti dal vivo ed aver assistito ripetutamente alle loro prove sul finire dei seventies. E forse non è un caso che siano stati definiti il gruppo hardcore italiano più “progressivo”. Qualcuno li ha perfino accostati scherzosamente ai Voivod e non crediate che l’affermazione sia poi così azzardata. Basti ascoltare le strutture in progressione ad alto minutaggio di “Into The Void“, con accelerazioni improvvise, e le frequenti dissonanze.

Ma veniamo al prodotto in questione, “The Furious Era 1979 – 1987“, cofanetto edito da Area Pirata che racchiude tutto quanto prodotto dalla band in quegli anni: due EP, un LP, lo split tape e vari brani fatti riaffiorare dalle sabbie del tempo. Dato che i loro album erano sold out da tempo e si trovavano solo a prezzi esorbitanti e stavano spuntando fuori vari bootleg, la label indipendente, in collaborazione con il gruppo ed i due originari ingegneri del suono dei West Link Recording Studio, ha ripulito il suono dei master originali donandogli nuova verve.

Inutile analizzare tutti i singoli brani (una quarantina), vale senz’altro la pena di porre l’accento sui primissimi brani “400 Fascists“, “Tellyson” e “Alkool“. Registrazioni animate da una carica primordiale non indifferente per l’epoca. Forse la band più veloce e aggressiva di allora e un cantato, quello di Syd, davvero sguaiato e abrasivo. O l’EP “Furious Party“, che rappresenta un passo considerevole nell’evoluzione stilistica e compositiva dei CCM. Un brano come “Easy Target“, infatti, non ha niente da invidiare ai grandi classici del genere e sarebbe tutt’oggi una potenziale hit di successo. Il giro di basso e il riff iniziale possono riportarci alla mente alcune cose dei Dead Kennedys, ma l’accelerazione in coincidenza del ritornello, impensabile per i DK, è fulminante e memorabile. Anche “Furious Party” parte in maniera cadenzata, salvo poi dare sfogo alle pulsioni più aggressive. Che dire poi di “(We’re The) Juvenile Delinquency“, “Work (Means Death)” o le smitragliate di “Need a Crime/Ultracore“, che rappresentano una delle risposte più convincenti all’hardcore britannico dei Discharge. Da rimarcare in questa prima incarnazione della band, l’originalissimo lavoro di chitarra di Dome: riff semplici ma efficaci e tutti estremamente riconoscibili. Uscito di scena lui, sarà Antonio Cecchi a passare dal basso alla chitarra e dopo un fisiologico periodo d’assestamento la band darà vita a quello che è il piatto forte della loro produzione: l’LP “Into The Void“. Album registrato nel corso del tour negli Stati Uniti e lavoro della definitiva consacrazione e maturità. Come accennato le canzoni si allungano e le strutture diventano irregolari, in divenire. Non un filler o un brano sottotono, citerò le dissonanze voivodiane (attenzione, però, i Voivod di “Killing Technology” e successivi dovevano ancora venire) di “Enemy” e “Sorry/R.M.“. La sferzante “Strange Pain“, uno di quei pezzi che ti si stampano in testa in maniera indelebile e vengono fuori quando meno te lo aspetti. L’atipica “Crushed By The Wheels Of Industry“, con una sezione centrale che si presta(va) a varie improvvisazioni dal vivo tra la sfuriata iniziale e quella finale. E la debordante title-track dagli interessanti innesti orientaleggianti.

Insomma, un plauso ad Area Pirata per questa imponente opera di riedizione di lavori che hanno scritto la storia dell’HC italiano e non solo, ma soprattutto ad una band che non è mai scesa a compromessi, se non quelli interni per far coesistere tanti caratteri forti (“quattro teste, un unico cuore”), e che ha preferito sciogliersi probabilmente all’apice del proprio successo, piuttosto che proseguire per inerzia. A loro va riconosciuto il merito di aver dato un grosso contributo alla nascita del movimento italiano, dello storico Victor Charlie e del Granducato Hardcore.

Orso Comellini – Truemetal.it 07/10/2017

INTERVIEW

Marco Pasini – For The Kids XXX 26/03/2017

Bhè, io non credo che i CCM abbiano bisogno di grandi parole introduttive. Sono stati uno dei gruppi più selvaggi e importanti dell’hardcore degli anni ’80, e quello che hanno lasciato in eredità rimarrà per sempre impresso nelle orecchie e nelle menti di molti. Di seguito trovate una chiaccherata che ho fatto con Antonio Cecchi (che mi ha risposto con un certo taglio umoristico che ho apprezzato assai), chitarrista e fondatore del gruppo pisano. Area Pirata ha ristampato di recente tutta la loro discografia in doppio vinile e cd, facendo un lavoro semplicemente superlativo. Per completare il quadro è ucito pure un libro intitolato “No More Pain” scritto da Antonio Cecchi, che parla del gruppo e di tutto ciò che gli ruotava attorno. Edito sempre da Area Pirata. Vorrei ringraziare di tutto cuore Riki “Flash” Signorini del blog Ribelli A Vita per aver gentilmente orchestrato il tutto. Buona lettura.

Comincio subito col chiederti se sei rimasto soddisfatto della ristampa fatta da Area Pirata del vostro materiale? Come ma il demo “(We Are The) Juvenile Delinquency” non è stato incluso?
Beh, il demo era appunto “un demo”, registrato in presa diretta nella sala prove dei WarDogs e tutti i brani in esso contenuti – eccetto una cover – sono presenti nella ristampa finale. Non abbiamo mai avuto nessuna intenzione di registrare una cover. E comunque, neppure volendo sarebbe stato possibile includere altri audio nei due lp senza comprometterne l’ottima qualità sonora.

I CCM sono un gruppo che in un certo senso ha sempre travalicato i confini del punk hardcore in senso stretto. A mio avviso siete stati anche molto sperimentatori, inglobando nel vostro suono diverse influenze… Sei d’accordo?
Sono pienamente in accordo con ciò che dici ed anzi, col passare del tempo ne sono anche divenuto fiero. Mi preme però evidenziare che non facevamo una scelta aprioristica per la composizione dei brani, ma che in sostanza QUELLA era la nostra musica, la NOSTRA anima era così. Ecco perché, ad esempio, io non avverto alcun cambiamento fra la prima “versione” di CCM e la “seconda”. Per me rimane la stessa musica. Avevamo tutti e quattro dei back up musico-culturali ben assortiti e la nostra espressione sonora lo comprovava.

I vostri primi due 7″ vedono alla chitarra Dome La Muerte, che poi è stato anche uno dei fondatori della band se non sbaglio. Ad un certo punto lui se ne va e si unisce ai Not Moving. Come mai? In un’intervista ho letto che era perchè si sentiva “legato” a certi schemi e voleva evadere… Credi che dopo la sua dipartita il suono dei CCM sia cambiato e si sia evoluto?
Domenico aveva/ha una propria sensibilità musicale e gusti ben precisi, Not Moving gli diede più possibilità di esplorare il proprio versante RnR dannato. Io e Syd invece avevamo invece un carattere più spostato “sull’acceleratore”. Fu la scelta giusta nel momento giusto: per tutti noi. L’amicizia che ancora oggi ci lega ne è la prova. Nel genere di band in cui militavamo noi, era impensabile essere in disaccordo su qualcosa, eheheh!

“400 Fascists” prende il nome dalla calata in un bar di 400 parà della Folgore che erano in caccia dei rossi. Tu mi pare che fossi presente, giusto? Cosa ti ricordi? Come erano visti questi soggetti in una città come Pisa? La polizia poi non fece assolutamente nulla per fermarli… Non è cambiato poi molto ai giorni nostri, concordi?
Ero presente, esatto. Eravamo io e Syd e ci riparammo dentro il Bar Garibaldi. La situazione era tutt’altro che rosea… Eravamo terrorizzati. La polizia avrebbe potuto fare qualcosa se avesse avuto dei… carri armati! 400 persone esagitate non sono uno scherzo, e quindi non fece un bel nulla. Cos’è cambiato? Fai una ricerca in Rete (come ho fatto io mentre scrivevo il mio libro) e scoprirai che per quelli di loro (dei 400, intendo) l’episodio è MOTIVO DI ORGOGLIO e ancora si elogia il Comandante della SMIPAR che riunitili il giorno successivo, dopo una blanda reprimenda dal palchetto, iniziò stringere le mani “ai suoi ragazzi”. Cos’è cambiato? Adesso sono meno… I “Rossi” sono scomparsi e danno la caccia agli Immigrati. A proposito… Ecco qua il link Buona lettura…

Il vostro unico lp, “Into The Void” è stato registrato durante il vostro tour negli Stati Uniti nel 1986. Quando siete partiti, era già stato pianificato, oppure è stata una cosa imprevista? Come ti sei trovato a lavorare con uno studio americano e che tipo di differenza hai riscontrato con quelli italiani dell’epoca?
Non fu cosa improvvisata bensì orchestrata dall’Italia, e fu un’esperienza meravigliosa. Purtroppo avevamo a disposizione poco tempo e ZERO soldi, ragion per cui nell’lp non mancano errori (che solo noi però ravvisiamo). La cosa fantastica fu che conoscevamo Paul Mahern solo tramite i suoi dischi: e se non ci fosse andato a genio? Che avremmo fatto? Invece fu superlativo ed accettò anche di fare i cori in uno dei nostri brani. Per noi tutti fu un onore.

Il vostro unico tour in America è durato svariati mesi. Avevate pianificato già tutto, oppure in alcuni casi avete “improvvisato”? Cosa ti ricordi di quei concerti? Quando siete arrivati eravate già conosciuti? A San Francisco Jello Biafra disse che di non aver assistito ad un concerto del genere dai tempi dei Germs… Un bel complimento, non ci sono dubbi…
Questa ti sembra “un’unica domanda”? Ahah, ci vorrebbero ancora più pagine di quelle che gli ho dedicato sul libro (al quale rimando per i dettagli) e sarò giocoforza telegrafico. La situazione mutava di giorno in giorno, “improvvisare” era la parola chiave (specie per raccattare il denaro necessario per arrivare al gig successivo). MRR ci dedicò la copertina di agosto e ciò ci diede visibilità, ma salvo a SF e Philly dove avevamo amici di lunga data, eravamo in sostanza sconosciuti. Se come i Raw Power fossimo tornati una seconda o magari una terza volta negli USA, allora tante cose sarebbero andate alla grande… Ma al karma non si comanda: lo si accetta e basta.

Voi siete diretta emanazione del Gran Ducato Hardcore e del Victor Charlie. Cosa ti ricordi di quelle esperienze? Come vi rapportavate con le altre realtà presenti in Italia ai tempi? Hai mai sentito un senso di rivalità e invidia, oppure era lo spirito collaborativo a prevalere? Il Victor Charlie ebbe poi parecchi problemi col vicinato, giusto? Era anche legalizzato?
L’invidia e la rivalità – senza sembrare naive – mi pare non esistessero. Il bello stava proprio nel fatto che tentavamo di aiutarci l’un altro, specie con le band emergenti. Veniva NATURALE al tempo. Poi – ovviamente – c’erano le prese di culo ma non ti dirò mai di chi perché sarebbe del tutto privo di senso. La chiamavano PMA…

Come era percepita la vostra presenza in una città come Pisa e anche in altre città italiane in cui vi trovavate a girare e a suonare? Voglio dire: era difficile camminare per strada senza essere importunati da fasci, polizia et similia? Com’era vivere in un paese come l’Italia in quegli anni? Credi che sia migliorata la situazione oppure è peggiorata?
All’inizio, più che difficile era IMPOSSIBILE: venivi fermato in continuazione. Una volta, in piena notte di ritorno da un concerto, mentre correvamo con il basso sotto la pioggia torrenziale, “Manetta” (così si chiamava lo Sceriffo pisano del momento) fermò me e Syd e ci tenne mezz’ora sotto l’acqua con domande tipo “Come mai correte? Dove state andando?”. Poi ci fu il periodo dei Fogli di Via Obbligatori: a me per fortuna non capitò ma a Syd ben da due città, a Sandro da Firenze, eccetera. Erano scatenati perché capivano che eravamo “pericolosi” per il loro punto di vista… Non ci nascondevamo alla realtà iniettandoci merda nelle vene ma chiedevamo spazi e rivendicavamo diritti sacrosanti… Cos’è cambiato? Adesso c’è chi lavora e a fine lavoro ottiene un voucher anziché denaro contante. Dimmi te se è migliorata o peggiorata la cosa…

Ho letto che Syd è bilingue. Questo fattore vi ha aiutato nello scrivere testi senza incappare in errori e soprattutto nell’esprimere meglio ciò che volevate dire?
Non saprei che dirti, se non che per me e per lui la lingua inglese era/è qualcosa di speciale… Non pensammo mai a testi in italiano (a parte in un caso, ma il brano non era nostro bensì di Giancarlo Bianco e lo eseguivamo come cover: sto parlando di “Il Fighetto”).

Che tipo di reazione ti provocava vedere Syd tagliuzzarsi sul palco e colare sangue? Credi che fosse il suo modo di buttar fuori fisicamente il vostro suono?
Mi procurava sempre sgomento, perchè era imprevedibile. Accadeva quando il climax del concerto in questione “lo esigeva”. Era un tributo che quel brano chiedeva con forza. “Tagliuzzarsi” è un eufemismo…

Non sono molti i gruppi italiani ad aver pubblicato un intero lp live, registrato per giunta all’SO36 di Berlino. Come nacque la cosa? Ho sentite dire che mentre suonavate, davanti allo storico locale di Kreuzberg erano in corso degli scontri molto pesanti. Che tipo di sensazioni hai provato nel suonare mentre fuori si era scatenato l’inferno? E’ vero che Syd una volta terminato in concerto si è catapultato fuori per partecipare agli scontri?
La cosa avvenne a nostra insaputa. Forse Syd ne era al corrente, ma ne dubito. Fu opera di David della Destiny Records che ci organizzò il gig. Sicuramente attaccò un registratore al mixer, e dopo lo scioglimento si ritrovò questa OTTIMA registrazione. Senza farsi tante seghe mentali, anzi andandoci parecchio nel culo, lo mise sul mercato. In un brano rompo una corda e si sente la folla rumoreggiare per 3-4 minuti, poi ci sono due brani inediti ma senza titolo e abbastanza “mosci”. Secondo te avremmo mai permesso una cosa del genere? Comunque si distingue perfettamente Syd che dice all’inizio di un brano “We’ll keep on playin… until THEY get in… It’s gonna be a massacre” quindi quanto hai sentito a riguardo è tutto vero.

Vi siete sciolti nel 1987, dopo lo storico concerto al Casalone di Bologna. Per molti quell’evento ha segnato la fine di un certo modo di concepire l’hardcore, aprendo le strade a contaminazioni con il metal, hip hop, reggae, eccetera. Tu che opinione ti sei fatto? Quando hai staccato il jack dall’amplificatore, hai avuto una seppur minima percezione che un’epoca si fosse chiusa?
Non ho avuto quella sensazione, ma la CERTEZZA a riguardo. Per me ERA terminata un’era… Caso volle che avessi pienamente ragione! Per come lo concepivamo noi poi, l’HC non poteva accettare contaminazioni.

Una delle perle di quel concerto è la registrazione ad opera di Stefano Ballini di Trippa Shake che racchiude l’inedito “Naymiorenggekkio”… Presente se non erro solo sulla versione cd della ristampa… Come mai avete deciso di accluderla solo in quella versione?
…Perchè per me quel brano rimane non solo uno dei migliori in assoluto della nostra band, ma riproduce esattamente il mio stato d’animo di quel momento. Inizia con un crescendo di rabbia e furore, poi sopraggiunge la calma e infine la pace interiore, con me stesso ed il mondo circostante. Impossibile includerlo sul doppio vinile: dura 14 minuti.

“Naymiorenggekkio”: se il gruppo avesse continuato, ci sarebbe stato un cambiamento del suono in quella direzione?
Non credo, sai? Non credo sarebbe stato possibile comporre altri brani in generale. CCM era oramai un malato terminale. Per fortuna “Nay-myho” è arrivato poco prima, a ricordarmi quando fossimo stati grandi ed importanti nella mia crescita personale come essere umano.

L’hardcore italiano degli anni ’80 è sempre stata grande fonte di curiosità e di una sorta di venerazione. Nel corso degli anni sono fioccate ristampe, bootleg, reunion, eccetera. Cosa ne pensi? Anche la ristampa del materiale dei CCM è stata fatta anche per contrastare questo fenomeno, che porta a pagare cifre spropositate vinili realizzati frettolosamente e per razziare più soldi possibili nel minor tempo possibile…

Sono contro le reunion – come detto più volte – ma d’altronde se la gente vuole divertirsi… Che male c’è? C’è una richiesta ed un interesse ENORME per ciò che facevamo. È normale: sono passati molti anni ma troppo pochi per averci cancellato, quindi chi non c’era, adesso è curioso a riguardo. Lo eravamo anche noi verso la psichedelia o i primi Mothers (nel mio caso). Ciò che mi pare invece INELUDIBILE è: non fingiamo di essere ancora ciò che eravamo… Non lo siamo PIU’. Si scaderebbe nel pietoso! Abbiamo ristampato tutto semplicemente per fare sentire il nostro cuore a chi non aveva ancora avuto occasione di farlo (e con una qualità – per una volta – superiore all’originale).

Dei gruppi che dividevano le assi del palco con voi, chi ti è rimasto maggiormente impresso?
Cito solo i “fratelli” italiani: Negazione, Kina!, Indigesti, IRI!, WarDogs, SenzaSterzo, Lanciafiamme ecc. Ma il mio rispetto va anche a tutti quelli che ci hanno anche una sola volta, messo a disposizione un piatto, una cassa, un microfono…

Questa è una domanda che mi frulla per la testa e che riguarda i Negazione. Dal tuo punto di vista, come li vedevi all’interno del panorama hardcore italiano? Voglio dire: forse erano l’unico gruppo in grado di stare in tour per mesi, di registrare con continuità, eccetera. In più erano molto organizzati sotto tutti i punti di vista… Ad un certo punto suonano pure al Monsters Of Rock, tentando magari di passare allo step successivo, ma poi si sciolgono… Tra parentesi erano il gruppo più conosciuto ed amato da gente che non frequentava spazi autogestiti et similia, come i metallari per esempio… Cosa ne pensi?
I Negazione erano “il lato positivo” dell’Hc. Ma bada bene: erano FENOMENALI, sopra ed ai piedi del palco. Per me, ma parlo solo PER ME, fuori dal palco davano il meglio di sé. Al contrario di noi mettevano d’accordo tutti: il Monsters? Ci suonarono DOPO il Casalone, e non a caso. Provarono “altre strade” e per loro era la cosa giusta da fare.

Che tipo di aria si respirava ai concerti hardcore anni ’80? Ogni tanto capitava qualche metallaro capitato per curiosità, o c’era una rigida distinzione di ruoli? Ti è mai capito di partecipare a qualche concerto metal o hard rock in quegli anni? Se sì, che tipo di differenze riscontravi?
Per fortuna che capitavano metallari e “creature” simili! Sennò come avrei conosciuto Heinz Zaccagnini che per primo mi ha incalzato a pubblicare il mio libro, e tanti, tanti altri amici? Da noi in Toscana – forse perché provinciali? – le distinzioni di ruolo forse erano meno marcate che nel resto d’Europa. Non ho mai partecipato ad alcun concerto metal, non ne sono mai stato entusiasta, e purtroppo a NESSUN concerto hard rock! MAGARI, eheh! Quello è invece un genere che ho sempre adorato, ma che oramai volgeva alla fine quando iniziammo a suonare noi.

Sempre da un’intervista che ho letto per preparare queste domande, viene fuori che ascolti solo i dischi della tua collezione e che sei un fan di Frank Zappa. Da cosa nasce questa passione? Zappa è sempre stato un personaggio fuori dagli schemi, concordi? Non ti piace proprio nulla di ciò che esce oggigiorno?
Zappa mi catturò in “tenera età”, assieme per l’appunto a Deep Purple, Bowie e Reed. Non lo ho mai “abbandonato” perché secondo me è stato il Leonardo da Vinci della Musica del 1900. Almeno 200 anni avanti nella storia, in termini di idee, sperimentazioni, look ed altro. Ma per mia fortuna non faccio “classifiche” musicali, ed adoro Lui come l’Hc, i Minutemen e tanti, tantissimi altri artisti.

Come mai secondo te i CCM sono sempre stati ammantati da un alone di mistero?
Ahahahahahah… Beh, questo lo dici te, eheheh! Io invece i CCM li conosco benone… Scherzi a parte credo sia – sostanzialmente – perché non esistevano cose tipo Internet a farti scoprire ogni singola cosa su chiunque… Ed anche perché non essendo “un gruppo di simpatici” c’era sempre qualcuno che si inventava una leggenda su di noi.

Finito. Se vuoi aggiungere qualcosa… Grazie!
Per chiudere, prima di ringraziarti per l’opportunità che mi hai offerto, vorrei dire che se dovessimo pubblicare un live di CCM, quello dell’inaugurazione del Victor Charlie, o del farewell show al CBGB, o magari di quando suonammo a Philadelphia o SF avrebbero per me la precedenza assoluta!

Michele Giorgi – The New Noise 27/03/2017

DI C.C.M. (Cheetah Chrome Motherfuckers) rappresentano da sempre il nome di culto dell’hardcore italiano, quello di cui i frequentatori casuali sanno di meno, quello che non ha riempito le bocche dei musicisti rock o dei tuttologi, ma che si è saputo scavare una nicchia profonda nel cuore di chi ha amato e ama tuttora quella scena e quel periodo speciale. Questo, anche perché i C.C.M. sono sempre stati restii a rivangare il passato con ristampe e biografie postume, il che da una parte li ammantava di una sorta di alone di mistero, dall’altra costringeva i fan ad una ricerca estenuante e spesso costosa in termini monetari. Proprio per evitare speculazioni e bootleg, si è finalmente arrivati ad una raccolta ufficiale in uscita per Area Pirata Records e, in contemporanea, all’interessante libro dello storico bassista/chitarrista Antonio Cecchi: No More Pain, che ci permette di avere un punto di osservazione autorevole e privilegiato per ripercorrere una delle pagine più eccitanti e importanti della nostra scena hardcore. Non potevamo resistere alla tentazione di farci dare qualche informazione in più dallo stesso Antonio.

Iniziamo da come sei entrato in contatto con il mondo del punk e cosa ti ha spinto a diventare parte attiva della scena. Cosa ricordi dei tuoi primi passi?

Antonio Cecchi: Occorre tenere presente che stai parlando con una persona nata nel 1959, che quindi nel ’77 – data in cui viene ufficialmente inventato il termine Punk”- aveva già diciotto anni (ahimè). Io ho sempre ascoltato musica “dura e veloce” “from the other side of the fence”, per dirla con Beefheart. Quando sentimmo quella parola, io e miei amici dell’epoca conoscevamo già Stooges, MC5 e altre creature simili da diversi anni. Le mie copie dei vinili di Funhouse e di Raw Power – per dire i primi titoli che mi vengono in mente – me li portò un amico di ritorno dagli USA. Qua da noi circolava la loro leggenda, ma i dischi erano semplicemente introvabili. Il caso volle però che nel 1978 io incontrassi creature simili a me, addirittura nella mia stessa città. Formare una band venne assolutamente naturale…

L’hardcore italiano è stato in grado di lasciare un’impressione profonda nell’immaginario di riferimento a livello mondiale, tanto che molti musicisti internazionali citano la nostra scena come una delle più influenti. A cosa credi sia dovuta questa capacità di superare i confini nazionali in un’epoca in cui ancora non esisteva internet?
Mentre in genere mi dissocio dal termine “Punk”, inventato a tavolino da McLaren e da altre centinaia di persone in tutto il mondo alla ricerca di una nuova moda da imporre alla grande massa, mi riconosco invece appieno nel termine “hardcore”, anzi, sono orgoglioso di aver fatto parte di una delle band “etichettabili” con quel termine. In realtà, poi, noi amavamo definirci “Ultracore”, proprio per quella indelebile diffidenza verso etichette/marchi/mode. Sostanzialmente concordo con le parole di Silvio Bernelli, quando afferma che “l’HC italiano fu una scuola di musica a livello mondiale”. Le nostre band non suonavano come nessun altra in tutto il pianeta, e per una volta almeno noi, ai margini dell’Impero Cultural Musicale di lingua Inglese, potevamo dire la nostra senza tema. Avevamo una nostra identità ben precisa, stile da vendere, creatività ed onestà tutte italiane. Sebbene non esistessero gare o classifiche, le band italiane erano fra le migliori del pianeta. Ma non vorrei essere frainteso: non lo dico con superbia, ma con la modestia di chi si è ritrovato a vivere una situazione del genere. L’eco dei nostri brani si è spento trent’anni fa e siamo ancora qui a parlarne. Segno che forse abbiamo realmente suonato qualcosa di diverso da ciò che c’era stato prima. Nel solco di Iggy e degli altri? Magari!


In Italia il Granducato Hardcore ha poi rappresentato un’esperienza fondamentale per delineare le coordinate dell’intera scena, un risultato non scontato e in qualche modo inaspettato. Cosa puoi raccontarci di quell’esperienza e dei suoi protagonisti?

Anche il GDHC fu la naturale conseguenza di quegli anni: unirsi, fare forza assieme per guadagnare potenza, ma anche per non sentirsi del tutto emarginati! Alcune delle persone coinvolte, poi, non venivano da Firenze o Pisa, ma magari da piccoli paesini sull’Amiata o spersi sull’Appennino. Per tutti loro, per noi tutti, era il modo migliore di esistenza possibile. Adesso si è in contatto in tempo reale, al tempo lo si era unicamente se ci si vedeva di persona. I “protagonisti” di allora, salvo alcune rare eccezioni e diversi – ahimè – scomparsi troppo repentinamente, fanno le stesse cose di allora. La cosa bella è che ci sono anche alcune altre belle realtà che funzionano meglio di allora, tipo Area Pirata Records, o la trasmissione radio di Heintz Zaccagnini Friday Extreme Rock Adventures (www.garageradio.it). Oppure anche Ribelli a Vita, la logica modernizzazione di quella che fu Brains Out fanzine (http://ribelliavita.blogspot.it/2017/01/recensione-less-than-jake-sound-alarm.htmlIn ). Il GDHC, per molti versi, è ancora bello vivo e vegeto!

Continuando in questo gioco di scatole cinesi arriviamo ai C.C.M., una band unica e da sempre ammantata da un alone di culto, vuoi per il suo essere realmente radicale, vuoi per la relativa difficoltà di reperire materiale postumo, fossero biografie o raccolte. Cosa ti ha spinto a rimettere le mani a questa storia e a condividerla finalmente con chi se l’è persa al tempo?
CCM è sempre stata un’entità unica, con un solo spirito e una sola anima. Le decisioni venivano sempre prese di comune accordo, quasi come in una “Comune” di intenti e volere. Al momento della scissione, e negli anni successivi, vi fui chi si oppose fermamente ad una ristampa dei materiali. Ed io stesso ne ero ben poco convinto. Ma circa venticinque anni dopo, l’incontro con il caparbio Tiziano di Area Pirata, mi mise di fronte ad un dato di fatto: erano iniziati ad uscire bootleg dei nostri ep oppure, ancora peggio, venivano battuti a centinaia di Euro su e-Bay! Tutto ciò era intrinsecamente disgustoso, nonché contro ogni cosa avessimo fatto prima di allora e, sebbene ogni brano si trovasse gratis on line, la gente continuava a buttar via soldi comprando addirittura dei fogli-scaletta dei nostri gig che qualcuno aveva tirato fuori da chissà dove (personalmente, ne ho regalati alcuni a Giorgio di LoveHate80, ad esempio). Così, il buon Tiziano ha iniziato a mediare fra le varie teste calde del gruppo, finché tutti hanno dato l’okay e si è deciso di ristampare il tutto. Con una piccola label, con l’autoproduzione, con prezzi contenuti (proprio come ai tempi del GDHC) Ho scoperto di essere in debito non solo con i miei compagni nell’avventura CCM, ma anche con Tiziano e Iacopo di AreaPirata: se non fosse per loro tutto questo non sarebbe MAI accaduto!

A febbraio 2017 usciranno un doppio lp (W il vinile! Sempre!) e un doppio cd con un brano inedito, per me uno dei migliori di sempre, anch’esso saltato fuori dal nulla grazie ad un altro amico – Stefano Ballini di Trippa Shake Fanzine, all’epoca diciottenne – che lo registrò con un walkman durante il nostro ultimo show al Casalone di Bologna. Anche a Stefano devo tantissimo: mi ha dato nuovamente la possibilità di rivivere quegli ultimi, dolorosi attimi con CCM. Vorrei inoltre precisare che il mio libro risale invece ad almeno quattro anni prima dell’uscita di questo disco. Lo avevo però “congelato” in un cassetto, convinto che alla fine non importasse poi così tanto a nessuno. Anche qui, l’incontro con Heintz, Ricky Signorini e Roby Noise (che ha curato gratis tutto l’aspetto grafico, come ai bei tempi delle fanzine) è stato fatale per renderlo disponibile per chiunque voglia sentire la mia storia all’interno della band.

Di recente, parlando con alcuni amici inglesi e tedeschi ho scoperto che i C.C.M. sono riusciti a lasciare un ricordo indelebile anche fuori dai confini nazionali, soprattutto per l’approccio privo di timori reverenziali nei confronti delle realtà estere e più conosciute. Da cosa era determinato questo modo di porsi, quanto eravate consapevoli delle vostre potenzialità e del vostro ruolo? Quando si parla di C.C.M. non si può non pensare ad un immaginario ruvido, violento, quasi ostile. Ti riconosci in questo o ai tuoi occhi è un’immagine ingigantita dal passare del tempo?
Credo fosse semplicemente il nostro modo di essere. Hai utilizzato un ottimo aggettivo, “ruvido”: CCM non era una band di “bravi ragazzi” amati da tutti, quanto un combo di personalità che spesso non risultavano neppure troppo simpatiche. Sono però orgoglioso del fatto che abbiamo sempre dato il massimo a tutti coloro che sono venuti a vederci. Ricordo gig suonati con un dito steccato, ad esempio, oppure con Syd che sanguinava dalle botte prese/date prima di salire sul palco. O ancora, dopo aver fatto centinaia di km e sapendo che non ci aspettava alcun tipo di rimborso spese. Salivano là sopra e spingevamo l’acceleratore al massimo. Credo che la gente lo percepisse. Per inciso, non eravamo gli unici a farlo. Le band hardcore della mia generazione – quelle di cui si parla ancor oggi – erano tutte così. Aggiungo che non avevamo timori reverenziali perché non faceva parte del concetto di band hc. Si è sempre trattato di un genere musicale paritario, in cui – per dirne una – il pubblico saliva sul palco e faceva stage diving. Lo hai mai visto fare con un’altra colonna sonora?

La scena hardcore italiana è sempre stata caratterizzata da un approccio decisamente politico in cui spesso la musica era solo uno degli aspetti di un tessuto connettivo fatto di centri sociali, ‘zine, manifestazioni, azione diretta. Quanto di questo era parte anche del vostro essere e quanto credi sia rimasto negli anni?
Noi eravamo a tutti gli effetti una band politica. Lo era il nostro modo di porci, i nostri vestiti, i nostri testi… Negli anni lo spirito è rimasto quello, come testimoniato da chi ancora si sbatte come allora per mandare avanti spazi sociali fuori dagli schemi, o programmi radio, o ancora blog (che altro non sono che fanzine elettroniche).

Il tuo libro pareggia finalmente i conti con tutte quelle realtà di cui abbiamo avuto modo di leggere nel corso degli anni, quali dei vostri compagni di avventura ricordi ancora con piacere e quali le band italiane e straniere cui eravate più legati?
Sono legato in modo indissolubile a tutti coloro con cui ho suonato assieme, nelle mie due band di riferimento (CCM e Testemarce). I nomi che mi vengono in mente (per l’Italia) non possono non essere che Negazione, Indigesti, Kina, IRI!, Lanciafiamme, la lista è lunghissima.


Sei rimasto in contatto con i tuoi vecchi compagni di viaggio? Cosa è successo dopo lo scioglimento dei C.C.M., vi siete tenuti in contatto o ciascuno è andato per la sua strada?

Siamo tornati in stretto contatto al momento in cui abbiamo deciso concretamente di ristampare la nostra musica, per dare la possibilità a chi non l’aveva mai sentita prima di farlo adesso. Con alcuni compagni di strada ci siamo visti quasi quotidianamente, con altri invece siamo separati dall’Oceano Atlantico, oppure da antichi dissidi mai sanati.

Inutile chiederlo, ma ci provo ugualmente. Avete mai pensato ad una reunion anche estemporanea? Cosa vi ha tenuti lontano finora dall’idea di calcare nuovamente un palco fosse anche per una serata?

Trovo impensabile una reunion, per mille motivi, come spiego nel mio libro… aggiungo che neppure volendo potremmo farlo, in quando Ale Fantinato vive a Vancouver e manca dall’Italia da un decennio.


Grazie mille per il tuo tempo e la tua pazienza. Un’ultima curiosità: cosa porti ancora dentro di quell’esperienza e in che modo ha permeato il tuo modo di essere – se lo ha fatto – nella tua vita successiva?
Guarda, scrivendo il mio libro, ma soprattutto incontrando amici vecchi e nuovi alle mie presentazioni in giro, mi sono reso conto che il nome CCM non solo me lo porto tatuato addosso, ma anche nel più profondo della mia anima. Come ho scritto nel libro, ho avuto l’incredibile fortuna e l’onore di incontrare fratelli di sangue (io che nella vita civile sono figlio unico) con cui ho condiviso un’esperienza incredibile. Non smetterò mai di ringraziarli, uno per uno, ognuno per un motivo diverso.