A tre anni circa dal loro esordio, I Capt Crunch sono finalmente approdati all’album, e per questo hanno voluto fare le cose bene registrandolo interamente in analogico all’Orfanotrofio Studio di Lorenzana, grazie a Niccolò Mazzantini e Fabio Fantozzi.
Questa scelta ha esaltato ancora di più il loro sound frutto dei variegati gusti dei propri membri, portandoli a ripartire l’album, chiaramente su vinile, su due lati, uno cantato in italiano e l’altro in inglese.
Ispirati, divertenti e sarcastici i testi.
L’amore per il Dr. Feeelgood è ancora forte, e si può evincere anche dalla grafica, oltre che dai brani, ma certo Freakbeat inglese e il beat italiano più vicino al R&B, sono la cornice entro cui si muove questo disco!
La formazione non è cambiata:
Andrea ‘Vipera’ Salani (storico batterista di alcune formazioni importanti come CCM, I Refuse It, Fase Quattro)
Frank Crunch (ex vocalist degli stessi Fase Quattro e de La Cattiva Esperienza)
Emiliano “Er Biacco” Marianelli (ex-Toni Crimine, ex-The Bugz tuttora nei Cabin Fever)
Francesco Falorni (bassista Reverberati e The Bugz)
Frankie Bo, altro chitarrista.
TRACK LIST:
Lato A
1) Chi ti credi di essere 3′ 55″
2) Tu non puoi 2′ 40″
3) Sputare sul format 3′ 04″
4) Beata te 3′ 40″
5) Dormire sulle spine 4′ 13″
6) Nel vento 3′ 58″
Lato B
1) I can’t get away 2′ 33″
2) End of joy 2′ 12″
3) Revelations 1′ 59″
4) Don’t build your dreams too high 2′ 29″
5) Bride of satan 3′ 45″
6) Pitch black 3′ 39″
Total timing: 38′ 07″
La band toscana esordisce su album con dodici infuocati e ruvidi brani che pur pescando a piene mani nella tradizione 60’s sanno essere attuali e moderni. Se la matrice prevalente è quella beat e garage, c’è un’anima blues (di quello più rozzo e primitivo) che permea tutto il lavoro. I sei brani della facciata A, in italiano, guardano al beat nostrano, quello più aspro, che fu prerogativa di band come Teste Dure, Corvi o Ragazzi del Sole, i sei della B side invece, con altrettanta ruvidezza, al british beat e al rhythm and blues bianco di Yardbirds, Birds e Pretty Things. Ottimo e super energetico !!
Tony Face – Radio COOP 14/04/2017
È davvero una figata il primo album di Capt Crunch and the Bunch appena pubblicato da Area Pirata. Un mix perfetto di beat, surf, garage, pub-rock e punk. Una di quelle bombe che ti capitano per caso sullo stereo e che ti lasciano con le orecchi incollate alle casse dalla prima all’ultima canzone. Eppure non è semplice, quando si maneggia un materiale del genere, riuscire a tirare fuori qualcosa di nuovo e soprattutto essere in grado di destreggiarsi fra tante sensibilità musicali diverse (anche se molto vicine fra loro) senza risultare sconclusionati e fuori fuoco.
Già perché dentro questo “Crimine beat”, diviso fra un lato A in italiano – e più vicino al beat Anni Sessanta – e un lato B in inglese – più garage e psichedelico – c’è davvero l’imbarazzo della scelta per gli amanti della musica “di genere”.
Come una di quelle vecchie raccolte Anni Novanta piene di band diverse, ma legate da un’attitudine musicale comune. Anche perché la forza di Capt Crunch and the Bunch (dove milita anche lo storico batterista dei CCM Vipera) sta tutta nelle canzoni: una manciata di pezzi ben scritti e suonati alla perfezione, che ti si imprimono nel cervello e che – almeno nel mio caso – fanno ballare come un tarantolato l’unico neurone rimasto. L’incipit sferragliante e degenerato di “Chi ti credi di essere”, le melodie dilatate e desertiche di “Bride of Satan” e il blues di “Pitch Black” sono solo alcuni dei piatti più prelibati di questo album da ascoltare a tutto volume fino a farvi piombare la polizia in casa.
I Capt Crunch and the Bunch mi ricordano un po’ gli Smart Cops, una di quelle meteore durate davvero troppo poco e scomparse nella quasi totale indifferenza. Anzi, questo disco sembra proprio partire da dove la band di Nicolò, Marco, Matteo ed Edoardo (gli Smart Cops, appunto) si era interrotta, riuscendo però ad ampliarne notevolmente lo spettro sonoro e regalandoci un album coi controfiocchi. Mi raccomando: non fatevelo scappare per nulla al mondo.
Diego Curcio – Genova Quotidiana 04/05/2017
Ci sono giorni in cui guardi i dischi che hai in casa e ti chiedi “Ma se ne avessi comprati meno ora sarei anche meno miscio (in ligure spiantato)?”
Ma poi ci pensi bene e capisci come in ognuno di loro ci sia un pezzettino di te, un ricordo (non necessariamente bello), un’emozione. A me questa sensazione capita spesso ed è forse per questo che preferirei morire di fame (in senso figurato, of course) che privarmi dei miei preziosi cimeli sonori.
Tra questi ci sono 7″,Lp e Cd di CCM, I Refuse It e Bugz gruppi dai quali provengono i componenti di questa all star band e ciò mi ha ovviamente ben disposto nell’approcciarmi a questo loro primo album che esce solamente in vinile ed in 300 copie che mi auguro vadano tutte esaurite e gli obblighino ad una ristampa.
Il disco è diviso equamente tra sei pezzi in italiano, quelli contenuti sul lato a, ed altrettanti in inglese, quelli del lato b. La mia preferenza va decisamente a quelli in inglese tanto che fra quelli cantati nella nostra lingua l’unico che mi ha veramente colpito è il pregevolissimo beat di Dormire Sulle Spine.
Al contrario le canzoni del lato b sono tutte di grandissimo spessore; si va dal garage revival molto eighties di I Can’t Get Away e Revelations (la seconda supportata da un’armonica killer è la più bella dell’intero lotto), alla byrdsiana End Of Joy, dal freakbeat alla Embrooks di Don’t Build Your Dreams Too High alla psychedelia fluida e per nulla masturbatoria e fine a sé stessa di Bride Of Satan e Pitch Back.
Questo Crimine Beat merita quindi solo un misero 6 per quanto riguarda il suo primo lato ma basta voltare il vinile perché il voto si evolva in un rilevantissimo 8, la media sarebbe ovviamente 7 alla quale va necessariamente aggiunto mezzo voto per lo spessore di chi fa parte del progetto. Forse nei panni del gruppo focalizzerei la mia attenzione sui pezzi nella lingua di Shakespeare, ma questa è solo una piccola e modesta osservazione.
Voto 7,5/10
Luca Calcagno – IYE.ezine 04/05/2017
Come per il debutto su piccolo formato di tre anni fa, il toscano Frank Crunch e la sua allegra brigata decidono di affidare all’idioma italiano e a quello inglese una facciata per ogni lingua senza per questo allontanarsi dal loro stile, che è quello di un beat schietto e “sgraziato” (cioè refrattario alle moine neomelodiche e canzonettare che inquinarono una gran fetta di quelle produzioni) erede di quella “soul experience” enunciata sul primo singolo di Mr. Anima nel lontano 1967 e di un ruspante rock ‘n roll che, come scrissi all’epoca del 7″, deve molto per attitudine stradaiola a una band come i Dr. Feelgood, soprattutto quando il gruppo accende la sua “grigliata” di armonica e chitarre come ad esempio su Sputare sul format e Revelations sulla quale affiora pure l’urgenza piromane tipica dei primi dischi degli Yardbirds e dei dischi di R ‘n B selvaggio della scena olandese di band come Q65 e Cuby and The Blizzards, un campo che se i Bunch sapranno coltivare a dovere sarà capace di produrre delizie inaspettate.
Lys Di Mauro 14/06/2017
L’ensemble toscana Capt. Crunch & The Bunch sigla dodici tracce all’insegna di un mix esplosivo di beat, rock ‘n’ roll, garage, psichedelia, surf e blues.
“Crimine Beat” ha un sound caratterizzato da groove di chitarra sporchi e potentissimi, su cui si dispiegano testi impegnati ma non pedanti: lo storytelling (diviso esattamente a metà tra italiano nella prima parte del disco e inglese nella seconda) ballonzola costantemente tra canto e recitazione alleggerendo la materia trattata, senza però tradire l’urgenza che muove l’intero lavoro. Tra le dodici tracce spicca il beat veloce e coinvolgente (ai limiti del punk rock) di Chi Ti Credi Di Essere e Tu Non Puoi e il gradevolissimo mix tra country/blues, beat e psichedelia di Sputare sul Format e Revelations. Assolutamente consigliato a coloro che gradiscono ritmiche incalzanti e suoni lo-fi.
Voto: 7/10
Con una formazione immutata, i Capt Crunch and the Bunch pubblicano il secondo lavoro, a tre anni dall’esordio. Sempre legati al sound di Dr. Feelgood, al freakbeat inglese e al r’n’b, il quintetto ha diviso il disco in due parti.
Sul lato A, infatti, ci sono soltanto brani in italiano, mentre su quello B, i testi sono cantati in inglese. I sei brani del lato A ruotano attorno al rock classico dei seventies (“Tu non puoi”), al blues-beat (“Sputare sul format”) e alla psichedelia (“Nel vento”).
Sul lato B il registro stilistico muta e il quintetto vira decisamente verso il beat e dintorni, vale a dire sia ciò che ha influenzato il beat inglese, quindi la bodidleyana “Revelations”, la via di mezzo tra psichedelia e funk di “Bride of satan”, il blues-beat di “Pitch black”, fino alla sua proiezione con il brit-pop di “End of joy”.
Riccardo Resta – Distorsioni 30/06/2017