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Ottobre 2012
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I Secret Affair (Ian Page, Dave Cairns, Dennis Smith & Seb Shelton) si formano nel 1978 dalle ceneri della precedente power pop band, i New Hearts.
In circa due anni riescono a mettere a segno ben 5 sette pollici nelle UK Singles Chart, e realizzano ben tre album. Il singolo d’esordio “Time For Action” vende oltre 200,000 copie e raggiunge la posizione numero 13 nelle classifiche inglesi, ponendo la band alla guida del movimento mod revival. Arrivano altri singoli di successo come “Let Your Heart Dance”, “My World” e “Sound Of Confusion”. Sviluppano poi l’idea di un movimento giovanile, i Glory Boys, basato attorno all’immagine dei gangster chic anni ’60 come si vedono nel film Performance.
Nel 1979 Page e Cairns, rispettivamente voce e chitarra, sono accompagnati da Dennis Smith al basso, Seb Shelton alla batteria e Dave Winthrop al sassofono. Durante il primo concerto di supporto ai Jam al Reading University nel Febbraio 1979, la band venne adottata da un gruppo di mod dell’East End di Londra che abbracciarono il concetto del Glory Boy.
I Secret Affair firmarono per la Arista Records e formarono la propria label, la I-Spy Records. Dopo “Time For Action” fu la volta dei singoli “Let Your Heart Dance”, “My World” e “Sound Of Confusion” ad entrare in classifica. I loro primi due album, Glory Boys (Dicembre 1979) e Behind Closed Doors (Settembre 1980), hanno arrangiamenti orchestrali e più complessi, nel frattempo la band riscuote un sempre maggiore successo e questo permette loro di apparire regolarmente allo show televisivo Top Of The Pops della BBC e di guadagnarsi le copertine delle più importanti riviste di musica inglesi come New Musical Express, Sounds, Smash Hits…
Il movimento mod che aveva spinto al successo la band, inizia ad evaporare verso la metà del 1980, perdendo terreno in favore della scena 2 Tone e dopo la realizzazione del secondo album, il batterista Shelton abbandona. Viene quindi reclutato il batterista ex-Advertising, Paul Bultitude, e con lui I Secret Affair si imbarcano per un lungo tour degli Stati Uniti, prima di tornare a fine 1981 con l’ultima chart hit, “Do You Know?”. Segue un altro singolo, “Lost In The Night”, prima della realizzazione di Business As Usual, un album che vede la band tornare al mix di rock-soul dei primi lavori.
Più recentemente (Gennaio 2011) è uscita un’antologia di singoli dei NEW HEARTS.
A Settembre 2012 vede la luca il quarto album della band “Soho Dreams”, dopo 30 anni! L’album include una line-up di 8 elementi come sezione fiati e come ospite all’organo hammond supremo, Andy Fairclough.
Membri fondatori: Ian Page, voce principale, tromba, tastiera. Dave Cairns voce & chitarra. Resto della band: Russ Baxter alla batteria, Ed Pearson al basso e Andy Fairclough all’Hammond. La line-up include poi Stephen Wilcock al sax, Steve Rinaldi al trombone e Tim Pannell alla tromba.TRACK LISTENING:
1- Soho Dreams
2- Walk Away
3- Turn Me On
4- Love’s Unkind
5- I Don’t Need No Doctor
6- Lotus Dream
7- In Our Time
8- Land Of Hope
9- All The Rage
10- Soul Of The City
11- Ride
Tra i gruppi del cosiddetto mod revival di
fine anni Settanta i Secret Affair furono
quelli con l approccio piu classico. Lo
stesso approccio, in grado di resistere
all’usura del tempo e delle mode, lo ritroviamo oggi in “Soho Dreams”, I’album
che riporta il leggendario gruppo londinese agli onori delle cronache a trent’anni esatti dal loro ultimo lavoro in
studio, “Business As Usual”. Della formazione originate restano solo i due leader, il cantante Ian Page e il chitarrista
Dave Cairns, che hanno allargato la line-up ad otto elementi con tanto di Hammond e sezione fiati. Una scelta
azzeccata che fa il paio con una maturita
artistica e un songwriting eccellente in
grado di regalare un album potente e
sfaccettato. “Soho Dreams” e una sorta
di concept sui sogni e le illusioni della
metropoli. E proprio come Londra, la
citta che li ha ispirati, pulsa di ritmi e
umori differenti cosi anche it disco si
muove su strade diverse in un saliscendi
di emozioni e registri musicali. C’e tutto
I’universo sonoro dei Secret Affair in
questo disco: dagli episodi che non nascondono I’influenza degli Who (la splen-
dida In Our Time che mette in luce le
grandi doti vocali di Page) alle canzoni
strutturate su una solida base soul con i
fiati in bella evidenza (WalkAway, All The
Rage) sino alia ballata (invero un po’
mielosal di Love’s Unkind. Non manca
qualche passaggio a vuoto. ma i Secret
Affair dimostrano la loro classe superiore sia quando accelerano e piazzano
un pezzo esplosivo come Turn Me On o
rileggono superbamente / Don7 Need No
Doctor di Ray Charles, che la sontuosa
sezione fiati, i cori e i virtuosismi all’organo trasformano in una trascinante cavalcata R&B. Sia quando tirano fuori il
loro lato piu classico (nell’iniziale title
track) o dilatano i tempi a piacimento per
esplorare il versante piu notturno e jazzato (I’evocativa Soul Of The City) o per
firmare una coinvolgente jam R&B come
Ride. Non potevamo attenderci un ritorno migliore.
Roberto Calabrò – Blow Up #175 – 12/2012
Al 229 Club di Great Portland Street è
una serata speciale per i mod londinesi: ad aprire per i Secret Affair, tornati in pista dopo 30 anni con un
nuovo album, ci sono i Lambrettas,
altra vecchia gloria del movimento. II
termometro sale subito. Poi è la volta
del gruppo guidato dal cantanle e pluristrumentista lan Page e dal chitarrista Dave Cairns: i Secret Affair si
presentano con una formazione a otto
e attaccano con Soho Dreams, la title-song del nuovo disco. Quanto basta
per intuire che sarà una serata all’insegna di un raro mix di eleganza, potenza e calore. Con le cover
super-groovy di Going To A Go-Go e
Get Ready viene fuori l’anima nera
della formazione, All The Rage è un
trascinante inno rock dalle influenze
soul. Per Black Cat Page e Cairns lasciano spazio alla band, soprattutto al
virtuosismo all’Hammond di un indiavolato Andy Fairclough che somiglia a
un giovane Brian Auger e infiamma la
platea. II calderone sonoro dei Secret
Affair è raffinato e taglia trasversalmente rock, R&B, soul e inni mod
come la leggendaria Time For Action.
Dopo altri due classici, Let Your Heart
Dance e My World, e tempo di bis. II
versante black delta formazione inglese torna a galla con una versione
lunghissima e potente di I Don’t Need
No Doctor che gli arrangiamenti dei fiati e il serratissimo dialogo chitarra.organo rendono una cavalcata imperiosa. Prima di chiudere in bellezza con gli inni di sempre, Glory Boys e Shake and Shout, la bolgia sotto al palco e l’immancabile “We Are Mods” scandito all’unisono dal pubblico in festa.
Roberto Calabrò – Blow Up #176 – 01/2013
Per chi non fosse avvezzo alle vicende musicali ascrivibili alla sfera MOD si può tranquillamente affermare che il nome dei SECRET AFFAIR è tranquillamente ai primi posti nei gusti e preferenze di ogni mod , dopo Jam, Small Faces e Who.
Tra i leader della scena revivalista del 1979 seppero sfornare tre piccoli gioielli a 33 giri, il classico “Glory boys” (1970) tra soul, rhythm and blues e raffinato mod rock, il più eleborato “Behind closed doors” (1980) dai sofisticati arrangiamenti di fiati ed archi eil conclusivo “Business as usual” (1982) più essenziale e beat e una serie di riusciti 45 giri tra cui l’inno “Time for action” del 1979 e “My world” del 1980 raggiunsero la top 15 delle classifiche inglesi.
Dopo lo scioglimento, 30 anni di silenzio discografico (a parte alcune poco riuscite avventure soliste o con altri gruppi dei leader Ian Page e Dave Cairns), la sporadica reunion nel 2002 e quella definitiva del 2009 che riporta i due in studio per concretizzare i nuovi sforzi in “Soho dreams”, quarto album della band pubblicato dalla loro I Spy Records e che vedrà a breve la luce in Italia (su CD e con probabile esclusiva mondiale in vinile) per AREA PIRATA.
Ogni timore che accompagna le reunion (soprattutto discografiche) dopo, addirittura, decenni viene cancellato da un album superbamente riuscito.
Con classe, creatività, freschezza, spontaneità e un’incredibile, immensa, personalità.
I SECRET AFFAIR riescono nel raro intento di conservare le caratteristiche dei loro tre pur diversi album ma di proporsi con qualcosa di decisamente nuovo e originale. Ritroviamo ritmiche e approcci decisamente soul, gli arrangiamenti ricercati di fiati, l’elettrica intensità degli esordi ma anche un’incredibile capacità compositiva, una maturità stilistica e una serie di canzoni, spesso ambiziose e complesse (in ben 4 casi superiamo i 6 minuti di durata con “Soul of the city” che arriva a 7 minuti e mezzo).
La voce di Ian Page si esibisce senza paura in voli difficili, la chitarra di Cairns è potente, in costante evidenza ma allo stesso tempo perfettamente adeguata in ogni intervento, mai invasiva, la sezione ritmica è precisa, professionale e ispirata, la sezione fiati da paura.
Un album destinato a rimanere negli annali del mod sound ma in grado di fare parecchia strada ovunque.
Si parte con “Soho dreams” , un buon brano che parte lento con inflessioni soul e un’occhiata alle ballate di “Quadrophenia” (in generale agli Who dei primi 70’s) e si impenna con un tipico orecchiabile ritornello alla Secret Affair, un marchio di fabbrica ben riconoscibile.
I 6 minuti di “Walk away” ci riportano con l’incedere ritmico alla “Shake and shout” alle atmosfere del primo album ma i sontuosi e jazzati arrangiamenti dei fiati e una bellissima prestazione vocale di Ian Page ci portano immediatamente al 2012 e ad una band matura e preparatissima.
“Turn me on” è invece una scarica di elettricità chitarristica power pop, riff secco, tempo tiratissimo, un ritornello da subito indimenticabile, ritmica precisissima, travolgente.
La versatilità della band si palesa subito dopo con una ballata intensa, “Love’s unkind” , melodica, allo stesso tempo rabbiosa, con la voce di Page che ricorda quella di Van Morrison e archi “quadrophenici” nel ritornello.
Difficile riuscire a dare nuova linfa ad un classico come “Don’t need no doctor” di Ray Charles.
I Secret Affair ne fanno una cover INCREDIBILE con una sezione fiati sontuosa, sorretta da una chitarra potentissima e un coro dalle tinte gospel a rispondere alla scatenata vocalità di Page, mentre un Hammond urla in sottofondo.
Il brano prosegue per 6 minuti e mezzo tra soli di tastiera, armonica, interventi corali, irruzioni ritmiche e si chiude in un ripudio di suoni. Bellissima.
Il brano più atipico è “Lotus dream” dalle caratteristiche folk blues con corredo di suoni ambientali. Un brano affascinante e che ribadisce la capacità della band di spostarsi con noncuranza anche in territori inusuali.
Cantata da Dave Cairns “In our time” supera i 7 minuti di durata ed è un classico brano rock debitore agli Who del periodo “Who’s next” / “Quadrophenia”.
“Land of hope” è una sostenuta ballata mid tempo sinceramente un po’ anonima nonostante il buon ritornello subito memorizzabile che riporta alle atmosfere di “Behind closed doors”.
Hammond e un’imponente sezione fiati (ancora una volta perfettamente arrangiata e con un suono raro da ascoltare in produzioni “indie”) sono la struttura della veloce e scoppiettante e souleggiante “All the rage” mentre “Soul of the city” è una ballata jazz blues di sette minuti e mezzo ma che regge benissimo la lunga durata.
Chiude la lunga cavalcata di “Ride” brano già ascoltato negli scorsi anni, che in oltre 6 minuti concede pieno sfogo a Ian e Dave per assoli e jam in libertà. Un finale degno per un vero e proprio gioiello musicale destinato alle vette altre delle mie preferenze 2012.
Tony Face – tonyface.blogspot.it/ 22/09/2012
Un altro bel colpo compiuto da Area Pirata, sono entrati nel roster della label pisana i Secret Affair. La storica band mod-revival inglese nata trent’anni fa, ha deciso di rimettersi in pista con questo nuovo “Soho dreams“.
Della formazione originale sono rimasti i membri fondatori, Ian Page voce principale, tromba, tastiera e Dave Cairns voce & chitarra, e in questa seconda vita i due si fanno affiancare da altri sei musicisti, tra i quali un sassofonista, un trombonista e un trombettista.
La presenza di una sezione fiati è indicativa della svolta dei Secret Affair che assume suoni vicini al soul ed al r’n’b.
Se del mod restano le strutture base di alcuni brani la virata verso la musica dell’anima è prevalente. A parte la title-track che è impregnata di new wave, che con “In our time” hanno come caratteristica ottime chitarre di matrice pop U.S.A.
Negli altri nove brani è tutto un rincorrersi di momenti funkeggianti (“Ride“, “Soul of the city“), grandi cavalcate R’n’b (“Walk away“), soul alla Van Morrison (“Love’s unkind“) e miscele di rock’n’roll, beat, r’n’r e soul (“All the rage“).
Le rimpatriate in molte occasioni sono patetiche, sicuramente non è il caso dei Secret Affair, che con gli anni trascorsi si sono ringiovaniti come dei moderni Dorian Gray.
Vittorio Lanutti – Freakout online 10/12/2012
Trent’anni sono passati dall’ultimo album dei Secret Affair, signori del mod revival; una band che tra il 1978 e il 1982 ha calcato palchi e classifiche britanniche, sfornando più di un gioiellino. E trent’anni, non neghiamolo, sono un sacco di tempo per non approcciarsi a un nuovo disco con qualche timore.
Invece questo Soho Dreams è davvero notevole. Certo la parola chiave è “maturità”, nel senso che ormai sono lontani i tempi dell’esuberanza giovanile neo-mod, sostituita da una più adulta consapevolezza, un fardello di malinconia e un mestiere quasi chirurgico nella costruzione di buoni pezzi di British rock con una forte sensibilità (power) pop – ma anche country, jazz, soul e r&b. Tra Joe Jackson ed Elvis Costello, con un immaginario degno del Phil Lynott di Solo In Soho. Senza dimenticare le loro radici.
Francamente non sono d’accordo con chi ha scritto che Soho Dreams ricalca e ripropone lo spirito del loro debutto, ma chi sono io per pontificare, che di mod e mod revival non ne mastico in maniera particolare? Certo, però le orecchie le possiedo e loro mi suggeriscono che le cose sono cambiate. Non in peggio, ma sono cambiate. Anzi direi evolute, come succede alle persone con l’età.
Se amate le atmosfere londinesi e vi siete persi a passeggiare per Soho qualche volta, troverete in questo album (che l’ottima Area Pirata licenzia per l’Italia, ma è uscito in UK per I-Spy records) pane per i vostri denti. O meglio, pinte di lager per le vostre gole. Unico neo: qualche pezzo davvero troppo lungo, oltre i sei minuti…
Un bel disco di rock britannico per fingere di essere lassù anche quando ci troviamo inchiodati quaggiù, nella terra dei governi monti, delle fornero e delle veline.
Andrea Valentini – Black Milk Freak magazine 27/10/12
Quando mi è arrivato ho detto: “Saranno quelli di Glory Boys?” e la risposta è Si! Quel vinile che tutt’ora custodisco gelosamente ne è la prova! Undici brani che passo a descrivere velocemente, Soho Dreams è molto Mod, com’è giusto che sia visto che i SA sono una delle bands di assoluto riferimento del genere. Mi è piaciuta molto Turn Me On per lo stile classico, tirata con una chitarra da urlo, un po’ come facevano una volta per intenderci. Ballatona mega Love’s Unkind , come del resto Soul of the City anche se la seconda la ritengo più bella della prima, la perla però a mio parere resta la cover di Ray Charles I Don’t Need No Doctor , una vera fiammata di potenza adrenalinica! Molto Who In Our Time , il che non mi spiace affatto! All the Rage mi piglia bene e altrettanto la finale Ride.
I Secret Affair sono tornati e dicono la sua in modo deciso ed eccitante, se non li conoscete andatevi a ricercare Glory Boys e poi passate a questo, il perché lo capirete alla fine.
Trippa Shake 11/12
Nel febbraio del 1979 alla Reading University aprivano per i The Jam . Era il loro primo concerto. I londinesi Secret Affair (nati dai New Hearts , formazione assimilabile al pub punk rock dei Dr. Feelgood, in cui passa anche il batterista Matt McIntyre che ritroveremo nei Clash per lo spazio di un tour) facevano parte di quella splendida stagione mod revival (furono “adottati” dal giro mod dell’East End che sposò la loro idea di “glory boys”, attitudine elegante-malavitosa presa in prestito dal celebre film “Performance” con Mick Jagger), cavalcata con tre album tra il ’79 e l’82, prima di essere spinti fuori dai favori del pubblico per l’avanzare del movimento 2 Tone e avendo come conseguenza un’inevitabile split (il drummer Seb Shelton confluirà nei Dexys Midnight Runners all’apice del successo commerciale).
La reunion avviene due decenni dopo, siamo dunque nel 2002, intorno al cuore originale formato dal cantante Ian Page e dal chitarrista Dave Cairns. A trent’anni dal loro ultimo lavoro ecco arrivare ‘Soho Dreams’ – per l’occasione la band si allarga ad otto elementi – album che però solo in parte riesce a far rivivere un fuoco che sembrava spento e sepolto. Grande mestiere per la coppia di musicisti inglesi (ancora integri) ma a mancare è quell’urgenza inevitabilmente sopita dopo tanta polvere passata sopra le loro teste. Piacciono però i brani dove la coinvolgente sezione fiati spinge sicura sull’acceleratore (top track sicuramente ‘I Don’t Need No Doctor’) ricreando quel mood soul r’n’b che poi si posta su territori maggiormente enfatici e in pieno stile Who (‘In Our Time’). La seconda parte è senza dubbio vincente rispetto ad una prima onestamente da dimenticare. In complesso un album piacevole, originale nel suo essere totalmente fuori tempo, che ci riconsegna una band che ha avuto comunque il coraggio di rimettersi in gioco senza troppe auto-glorificazioni-citazioni compiaciute. Lunga vita.
Emanuele Tamagnini – Nerds Attack! Webzine 15/11/12
Nella musica come in altri campi, i bianchi hanno sempre rubato ai neri. Il movimento Mod, nato in Inghilterra sul finire degli anni ’50, ha repentinamente fatto propri diversi stili musicali appartenuti in primis alla cultura afroamericana: su tutti, il soul ed il rhytm ‘n’ blues. I Secret Affair furono abili “saccheggiatori” dei generi citati durante il loro periodo d’oro – a cavallo tra Settanta e Ottanta – in piena febbre Mod revival. Aprivano i concerti per i Jam di Paul Weller , apparivano sulle riviste giuste (NME, Melody Maker) e nei programmi giusti (il fondamentale Top Of The Pops). Due dischi di estremo valore (Glory Boys del 1979 e Behind Closed Doors del 1980) e poi lo scioglimento in concomitanza con il progressivo affievolirsi della scena. Recentemente ricostituiti intorno alle due figure principali, ovvero Ian Page (voce e tromba) e Dave Cairns (chitarra), il quarto album dei londinesi vede la luce dopo ben 30 anni. Soho Dreams ce li ripropone ben concentrati – e con l’aiuto di un considerevole stuolo di validi musicisti – nell’intento di suonare un solido British Rock dalle svariate influenze: c’è il richiamo dei santi padri Who (In Our Time, la title track) ci sono atmosfere folk ( Lotus Dream ) ed immancabili sveltine power pop ( Turn Me On ). C’è ovviamente tanto soul ed r’n’b (e come poteva essere altrimenti? All The Rage è la sublimazione di tutto ciò) con imponente dispiegamento di sax e trombe; c’è, infine, una devastante cover del classico I Don’t Need No Doctor , dove la band si scatena diventando una micidiale party machine da sturbo delle coronarie. Qualcosa non convince – Land Of Hope sembra Elvis Costello preso a suonare un banale brano rock FM – ma tutto sommato siamo di fronte ad un disco estremamente piacevole e assolutamente onesto. Bentornati, english men.
Denis Prinzio – Indie-Eye.it 31/12/12
Quarto disco dopo trent’anni per la band mod che a cavallo tra fine Settanta e primi Ottanta riuscì a imporsi a fianco dei nomi di punta della scena inglese. Non male se si considera che il ritorno discografico mostra grinta e colpisce nel segno con una formula che unisce le varie anime della formazione e non faticherà ad appassionare gli amanti del mod sound e del soul più viscerale. Certo, siamo di fronte a un suono che ha perso gran parte della sua carica trasgressiva e non fa nulla per mascherare la sua vera età, eppure la riuscita di questo come-back sta anche nel giocare in maniera pulita con ciò che si conosce e si ama, senza perdere tempo dietro a infruttuose operazioni di restyling o, peggio, imbarazzanti tentativi di ringiovanirsi. L’accoppiata di membri originari Page e Cairns dimostra di avere ancora energia e passione da vendere, soprattutto pare non subire gli effetti della lunga pausa e snocciola ben undici colpi a segno, merito anche del team di musicisti che accompagnano il duo e lo sostengono con sezione ritmica, Hammond (strepitosa la prova di Fairclough) e fiati (di rigore quando si traffica con certe sonorità). Non può mancare qualche momento in cui la luce si abbassa e un alone di romanticismo rende forse il tutto un po’ troppo zuccheroso, ma questo fa parte del gioco e non dispiacerà di sicuro agli appassionati del genere. Per chi, come il sottoscritto, preferisce lidi più selvaggi, restano parecchie occasioni per riportare in alto il tasso di elettricità e godere di questo ritorno in azione.
Michele Giorgi – The New Noise 23/12/12
Per chiunque abbia frequentato il fervido sottobosco mod, che lo abbia fatto da militante attivo o da semplice simpatizzante in questo caso ha ben poca importanza, il solo fatto di sapere che una band tanta gloriosa come i Secret Affair pubblichi un nuovo album non può che essere una notizia della quale rallegrarsi.
La notizia si fa ancor più sorprendentemente gustosa se si tiene conto che dall’ultima fatica in studio di questi autentici prime movers della scena mod revival di acqua sotto i ponti ne è davvero passata parecchia; ok che gli anni volano ma quando diventano 30 non si può parlare propriamente di un battito di ciglia!
In questi Secret Affair restano, della formazione originale, i soli Ian Page e Dave Cairns, ma, il fatto che siano coadiuvati da un’ottima sezione fiati e da un organo hammond sfavillante, rende comunque questa reunion un progetto assai appetibile.
Come dicevo poc’anzi sono parecchi gli anni trascorsi dall’ultima fatica in studio dei nostri ed il tempo si sa spesso è tiranno ma, in questo caso, forse ammirato dall’eleganza e dalla portata storica di cotanta formazione accetta di buon grado di essere galantuomo.
In un contesto che, come accennavo, gode di un’elevata capacità compositiva spiccano soprattutto il sinuoso soul bianco di “Walk away”, il beat spedito di “Turn me on” (a parere di chi scrive il pezzo più bello dell’album in grado persino di rinverdire i fasti di “Time for action”), la grintosa cover del classico di Ray Charles “I don’t need no doctor”, i rimandi agli Who evocativi e quadrophenici di “In our time” e il soul punkizzato alla Redskins “All the rage”.
A chi teneva che l’inflessibile scorrere del tempo potesse intaccare la grinta modernista dei nostri eroi la risposta è servita in questi 11 brani che sono l’ennesima dimostrazione che lo STILE non è una cosa che si acquisisce ma è innata dentro di noi; e se qualcuno legge nelle mie parole un eccesso di enfasi posso solo rispondere che dell’attitudine mod non ha proprio capito nulla.
Voto 6,5/10
Il Santo – Indie-Eye.it 17/12/12
Questo album è una storica reunion dei Secret Affair, gruppo della scena mod inglese, nato nel 1978 dalle ceneri dei New Hearts. II gruppo alla
fine degli anni settanta e i primi ottanta
realizza diversi singoli e lasciano una forte traccia nella scena sixties con brani in classifica, presenze televisive e tanti articoli
su riviste musicali rinomate. Con lo sfumare
del movimento mod, nei primi anni 80,
anche il gruppo cambia direzioni per tornare, appunto, oggi con questa novita che riprende lo storico marchio dei Secret Affair con i fondatori originali Ian Page e Dave Cairns oltre a
un orchestra di 8 elementi. Torna così anche il loro power pop che tanto li aveva distinti e le
undici tracce presenti non deludono. Tutti pezzi originali firmati da Page e Cairns. Fatevi catturare da ‘Turn me on’, cullare da ‘Lotus dream’ o centrifugare da ‘All the rage’. II libricino allegato contiene i testi delle canzoni e vi ricordo che si tratta di una tiratura limitata a 1000 copie.
Tullio Ilaria – Jamboree #80 01-03/2013