CD digipack
Settembre 2020
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(Two years after their debut mini cd and one year after the digital single, both released on Area Pirata, the Ghiblis are back in action!)A distanza di due anni dal mini cd d’esordio e dal singolo uscito l’anno scorso in versione digitale sempre per Area Pirata, tornano col loro mix di surf ed exotica i Piacentini Ghiblis.
“Domino” è il titolo del nuovo Album ed è composto da 11 canzoni che ben rappresentano tutte le sfaccettature del gruppo, con brani conditi di pesante riverbero sparato dritto in faccia che vanno dal surf più classico passando per rock’n’roll sgangherati, colonne sonore di improbabili polizieschi anni 60, fino a spingersi nell’ etno jazz etiope.
Orgogliosamente anacronistici e sempre alla ricerca di nuove atmosfere e suggestioni, il combo mascherato prosegue con la personale missione di tenere viva la Magia che la musica strumentale riesce a creare, ed hanno una sola cosa da dirci : Welcome to the Exotic world of The Ghiblis!
L’estate sta finendo… ma ogni stagione è buona per il surf, soprattutto quello che sostituisce le onde alte con il riverbero. Lo ribadiscono pure i piacentini Ghiblis con questo album intito-lato “Domino” che arriva a due anni dal mini-cd d’esordio. Queste undici nuove tracce strumentali regalano atmosfere suggestive che dal già citato surf sconfinano piacevolmente nell’exotica, senza tralasciare un pizzico di rock’n’roll un po’ ‘ sgangherato ma sempre dannatamente efficace. Brani come “Morpheus”, “Landing piace” e “Gonzo twist” sono come un viaggio nel tempo che catapulta l’ascoltatore in qualche vec-chio film d’azione di 60 anni fa. Gradevoli.
Pogo ‘zine #1 09/2020
L’estate sta finendo ed un anno se ne va, sto diventando grande lo sai che non mi va.
Riflessioni del genere – peraltro dettate dalle brillanti penne dei Righeira – sono d’uopo in questi giorni sopratutto per chi, come me, vive in una località balneare.
E, sorvolando sul fatto che non diventerò mai grande, provo sempre una sensazione agrodolce quando tutto l’apparato vacanziero che caratterizza il mio paese smobilita, sono un ligure atipico ed in fondo l’animazione che si crea nella bella stagione non mi dispiace affatto; ora potrei citare il mare d’inverno ma, se state buoni, ve lo posso anche risparmiare.
Ma forse sto un filo divagando visto che il contenuto di queste righe dovrebbe essere incentrato sul nuovo disco dei piacentini Ghiblis che, pur non essendo nati in riva al mare, pare abbiamo ottimamente metabolizzato le vibrazioni della surf music.
Dimostrazione ne siano gli undici pezzi di questo album che parte con una tripletta da paura.
Apre il tutto La Nana un brano di instro surf in puro stile sixties nel quale le divagazioni del sax creano una malia che trasuda prepotente, si passa poi a Danza del Toro dove aleggia lo spirito delle compile Las Vegas Grind con un suono adatto ad accompagnare danze lascive in un locale equivoco popolato da uomini in cerca di erotismo a buon mercato, il tutto si chiude con Domino che sembra adatta a svolgere il compito di colonna sonora per un film girato nel 1966 e, non importa la qualità della pellicola in quanto per me – e penso per la maggior parte di chi mi sta leggendo – l’importante è il contesto nel quale si svolge l’azione.
A proposito di spiaggia, se voi siete nati dove sono nato io o avete passato le vacanze in un luogo di mare, certo avrete partecipato ad una spiaggiata; alcuni di voi durante questi happening avranno certamente amoreggiato, per quanto mi riguarda era più avvezzo a flirtare con le droghe leggere, bene in quei momenti avrei voluto avere in cuffia solo per me i ritmi languidi di Slow Grind o di Landing Place. A completare il tutto ci pensano Oki Doki che rimanda al Pat Boone di Speedy Gonzales ma con meno sdolcinatezza e più riverbero e la finale Yesega Wat con il sax che torna protagonista in un pezzo di impro jazz che, superando i canoni del genere, non risulta né avulso né pretenzioso. Parafrasando l’inciso iniziale potrei ribaltare il concetto con il coro che, sulla stesso incedere, canta la mia gradinata (non vedo l’ora di tornare sui tuoi gradoni mamma nord)
Un giorno all’improvviso mi innamorai di te il cuore mi batteva non chiedermi il perché.
Beh questo disco dei Ghiblis non sarà certo il più grande amore della mia vita ma certo mi ha aiutato a superare la malinconia del declinare dell’estate, a voi potrà sembrare poco ma invece per me vuol dire tantissimo.
Luca Calcagno – InYourEyes ‘zine 17/09/2020
E’ passato un anno dal singolo dei Ghiblis, che ho recensito su questo blog scalcinato. E oggi la band piacentina torna a farsi sentire con un album di 11 pezzi, targato ancora una volta Area Pirata e intitolato “Domino”. Gli ingredienti sono sempre gli stessi: surf strumentale, mescolato a un retrogusto esotico ed etnico. Una sorta di world-surf, se mi passate il termine, con il sax in primo piano e l’amore per le colonne sonore anni Sessanta e Settanta a fare da sfondo. Certo, la matrice surf è quella predominante, ma sono i dettagli a rendere questo disco molto diverso dal classico album per coloro che amano cavalcare le onde su una tavola di legno. L’atmosfera è quella della balera da ultima spiaggia, un mix di vecchi smoking sgualciti e di cocktail party a base di droghe psichedeliche e pieni di brutti ceffi. I brani sembrano un inno alla decadenza malinconica, un soffio di aria viziata a increspare il mare inquinato. Un esempio di quest’inquietudine di fondo è la title-track, “Domino”, con quelle voci soffuse che ogni tanto si fanno largo tra le chitarre poliziesche e ripetitive. Più classicamente surf “La nana”, “The dachschund walk”, “Oki Doki” e “Gonzo twist”, ma se questo genere musicale ha quasi sempre sprigionato una vitalità quasi rilassata e pacifica, nella versione dei Ghiblis assume un tono più nero e perturbante. Il lato dark della musica da spiaggia.
Diego Curcio – Huskercore blog 17/09/2020
Il quartetto piacentino coltiva da tempo una passione smisurata per un sound anomalo e di nicchia come quel mix di exotica, surf, primitivo rock ‘n’ roll strumentale, ethio jazz, twist. Quei suoni che ritroviamo puntualmente in ogni film di Quentin Tarantino e che tanto devono all’ispirazione di nomi come Ennio Morricone, Ruiz Ortolani, Piero Piccioni. Qui l’approccio è grezzo, minimale, crudo ma gradevolissimo, suggestivo, divertente. Super cool!
Antonio Bacciocchi – RadioCOOP 24/09/2020
Debutto sulla lunga durata per il combo piacentino dei Ghiblis, band strumentale che ha sposato i dettami del surf rock, ma sporcandolo con influenze diverse che rendono “Domino“, un disco di forte impatto e di grande godimento. E davvero le parole risulterebbero superflue tanto il disco è capace di evocare luoghi, sentimenti, visioni, atmosfere. Se diciamo surf il pensiero va certo alle estati, alle onde dell’oceano, ai fuggevoli amori estivi, ma le canzoni dei Gihblis sono speziate da un alone di nostalgia che sottende i brani, come la forsennata La Nana o Landing Place, che ci fanno piombare nei Sixties. In altri casi sono le colonne sonore dei poliziotteschi a ispirare composizioni effervescenti e psichedeliche come La Danza del Toro o la stupefacente e narcotica Slow Grind o la nervosa title-track. Non mancano echi fiammeggianti della frontiera, con Calexico e Sacri Cuori come guardaspalle, come in The Dachschund Walk e No Shortcuts, ma un pizzico di esotismo latino spezia anche il rock’n’roll di Oki Doki. Finale in bellezza con Yesega Wat: qui in evidenza è il fraseggio del sax di Dandy Lo che ci rimanda all’ethio jazz. Lasciarsi trasportare dalle onde sonore create dai Ghiblis potrebbe essere un toccasana per affrontare tempi tanto malinconici e claustrofobici.
Ignazio Gulotta – Magazzini Inesistenti 20/01/2021
Il secondo album dei piacentini The Ghiblis definisce, ove possibile, la loro cifra stilistica di estrema nicchia. Presentarsi infatti con un album interamente strumentale, non può che riscuotere successo soltanto tra chi ama il genere proposto, vale a dire un mix vibrante si surf music, lounge, twist e amore per le colonne sonore dei B-movie anni settanta italiani, riportate in auge da Quentin Tarantino nei suoi film più celebrati.
“Domino” parte con un brano manifesto quale può definirsi “La Nana“: un misto di surf e swing che richiama la mente alle atmosfere degli anni sessanta, vissute nei locali alla moda delle più rinomate località turistiche italiane.
Un po’ di influenze rock’n’roll fanno capolino nella successiva “La danza del toro”, mentre la title-track richiama alle colonne sonore citate in precedenza. In questo trittico iniziale di canzoni troviamo tutto il potenziale del quartetto, dominato dal suono del sax, che viene poi replicato nei brani successivi, a volte più scatenati (“Morpheus“) e a volte più avvolgenti (“Slow Grind“).
Il resto della scaletta oscilla tra tutte le influenze citate e va a chiudersi con un brano dalle atmosfere jazzate (“Yesega What“) altalenante nel suo incedere tar ritmi quieti e piccole accelerazioni contagiose, che aggiungono un’altra sfumatura a questo buon disco che non sarà per tutti i palati, ma che non mancherà di riservare soddisfazioni alle menti più aperte e curiose.
Eliseno Sposato – Sotterranei Pop 05/10/2020
Dopo un interessante esordio, tronano i piacentini Ghiblis; questa volta con un disco a lunga durata in cui sviluppano più ampiamente le loro passioni divise tra r’n’roll in stile Las Vegas Grind, surf ed exotica. È bene sgomberare il campo e svelare subito che il gruppo non è digiuno di musica strumentale, essendo composto da ex membri di Hermits e Diabolico Coupé. Esperienza e gusto sonoro, ma anche una giusta strumentazione, nonché un’ottima dimestichezza dello studio di registrazione, contraddistinguono ognuna delle undici tracce, per un risultato di ottima qualità, degno di essere menzionato al fianco delle migliori produzioni italiane del genere.
Ava Garden – Trippa Shake Webzine 06/10/2020
Questione di gusti… ma, sin da quando, nei tardivi anni ’80, misi sul piatto Summer Surf di Dick Dale, mi sono più volte ritrovato ad ascoltare musica Surf nelle sue più ampie sfaccettature, arrivando con naturalezza a Doo wop e Rockabilly.
Ho attraversato le facili armonie di Brian Wilson e Ronny & the Daytonas, passando inevitabilmente attraverso il revival legato al mondo di Quentin Tarantino. Oggi, con un dimenticato piacere, grazie ad Area Pirata Records, mi distacco dalle mie malsane sonorità estreme per tornare, dopo qualche tempo, a parlare delle onde legate alla musica Surf, qui raccontata dai The Ghiblis.
La band sembra voler a giocare con riverberi, clichè e giochi estetici, apparendo sin dalle prime battute ben calibrata tra volumi e profondità. Proprio grazie all’immediatezza il quartetto si offre al proprio pubblico attraverso maschere e paillettes, cariche di striature resofoniche, da cui nascono la giocosa attitudine di Slow grind e l’andamento cadenzato di No shortcuts, entrambe pronte a virare verso l’evocativa titletrack.
Il sound, composto e narrativo, si spinge poi verso gustosi rimandi filmici che, saggiamente, non tentano né di osare, né di commissionare eccessi sperimentali, ma al contrario, traccia dopo traccia, si confermano classic, pronti ad essere narrati dal sax di Dandy Lo, guidato da una sezione ritmica ordinata e da una sei corde avvolgente.
L’albo, “orgogliosamente anacronistico”, si affaccia, pertanto, sul mercato vestendo i panni di un disco godibile, che trova il suo apice espressivo nelle apertura emozionali di Oki Doki, che da sola vale il prezzo d’ingresso.
Loris Gualdi – Music on TNT 17/12/2020
Sia che abbiate da imbiancare casa o da organizzare un pigiama party questo è l’album che farà al caso vostro; e non è il classico modo di dire, nel primo caso le vostre pennellate raddoppieranno senza che nemmeno ve ne rendiate conto facendovi così risparmiare tempo e denaro, nel secondo caso pensate pure alle cose “peggiori” (nel senso ovviamente buono), se poi non sono queste le vostre priorità ma vi accontentate semplicemente di ascoltare della buona musica nessun problema, Domino ve lo consigliamo anche per questo (peccato però per il pigiama party). A questo punto vi starete chiedendo chi siano questi Ghiblis, noi di Roots! abbiamo una risposta anche per questo, vi basti sapere che sono dei folli, forse anche geniali (ma non ci metterei la mano sul fuoco) e dotati di una mente insana e perversa (su questo si, ci metterei la mano); non c’è nessun’altra spiegazione né motivo per cercarla, mettetevi l’animo in pace e lasciate che sia questa musica a fare il resto (cioè il suo, proprio quello che deve fare).
Prima di iniziare l’ascolto posate per un attimo il pennello che avete in mano e qualsiasi idea malsana sul vostro pigiama party perchè è il momento delle cose serie, i Ghiblis sono il più non-classico quartetto rock, chitarra, basso, batteria e sax, niente voce solista, musica strumentale che affonda orgogliosamente le proprie radici nella surf music anni 50/60 e in un amfetaminico garage beat che sembra uscire direttamente da un qualche vecchio film di fantascienza di serie D (tipo Assalto alla Terra) o da una pellicola porno di serie E (vi lasciamo immaginare i titoli), non basta, metteteci anche un tocco di exotica, un “genere” musicale che riscosse un discreto successo negli anni 50 e 60 che si basava su una rielaborazione (del tutto innaturale) dei ritmi e suoni afro-jazz-tropicali; questo Domino arriva dopo un mini-CD ed è il loro album di debutto pubblicato nel settembre dell’infausto 2020 per Area Pirata Rec (una piccola etichetta indipendente italiana che produce ottima musica, vi consigliamo di farci un giro), un album suonato magnificamente ma la tecnica in questo caso non basta, ci vuole (e c’è) tanto groove, tanta passione e il saper ricreare e trasmettere l’atmosfera giusta senza scadere però in un banale revival fine a se stesso, che poi sia musica profondamente derivativa è vero ma in qualche modo i Ghiblis ne escono fuori bene ed è un bel sentire (sempre di non avere particolari aspettative).
Il trittico iniziale (La Nana, La Danza Del Toro e Domino) vi risucchierà in un rito tribale fatto di echi, riverberi e allucinazioni varie, un garage beat infarcito di psichedelia e “buone” vibrazioni assolutamente da assumere in dosi elevate e senza starci troppo a pensare o a riflettere; se poi volete riprendere fiato c’è la più morbida The Dachshund Walk, un grande pezzo che cola grasso da tutti i pori, con le note di basso in bella evidenza e la sei corde in grande spolvero ad armonizzare il tutto, non è da meno Slow Grind, ancora più notturna e “malata”, un incedere lento e ammorbante con riverberi a manetta ed un sax che vi strapperà letteralmente l’anima di dosso (e che non vi sarà facile ritrovare), si torna a spingere su velocità vietate ai minori e ai troppo maggiori con Morpheus, sezione ritmica tiratissima e una melodia straniante del sax che sembra provenire da un film horror mai uscito nelle sale, tranquilli, avrete tutto il tempo per rilassarvi sulle note della più avvolgente e languida Landing Place, tanta classe.
Noi di Roots! ci fermiamo qui, il resto, come è giusto che sia, lo scoprirete da soli; per una volta evitiamo (noi per primi) le solite considerazioni varie e più “nobili” che in questo caso lascerebbero il tempo che trovano, Domino va ascoltato e gustato per quel che è, per il semplice piacere di ascoltare musica fatta bene, in poche parole, per godere (in modo sano e senza implicazioni socio-psico-politiche o di varia natura), potrebbe non sembrare molto ma qualche volta basta e avanza, anzi, serve solo questo. Siete sintonizzati su Roots! che come sempre e malgrado tutto (e tutti) vi augura un buon ascolto.
Simone Rossetti – Roots! 29/01/2021