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Giugno 2015
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“Pearls At Swine” è il nuovo album degli Strange Flowers, storica band di Pisa, in uscita ufficiale il 15 Giugno 2015 per Area Pirata Records. Arriva dopo una carriera ultraventennale che ha visto gli stranifiori professare in tu6 i suoi accen7 il verbo della psichedelia, termine che nel caso specifico definisce un’a6tudine più che uno stile. Negli Strange Flowers di “Pearls At Swine” le dilatazioni del passato, pur presen7, lasciano spazio alle visioni fiabesche del paisley-pop, all’ironia del beat, all’impeto del garage-rock, il tu=o condito dai nuovi suoni figli di una line-up che ora include Rhodes bass e organo.
In tour a partire da Maggio 2015.
TRACK LISTENING:
1) Pearls At Swine 3:29
2) Watching The Clouds From A Strawberry Tree 3:31
3) Alice Staling Rainbows 2:45
4) Eugene 2:41
5) Sarah Blake 3:15
6) Rose Lynn 3:32
7) Black 3:39
8) Steven Bought A White Rope 3:08
9) DD One Day 3:21
10) The Sensational Show Of The Clouds 2:37
11) Twins 4:08
CRITIQUES
Bertrand Tappaz – 04/08/2015 – VOIX DE GARAGE – GRENOBLE (France)
Fondé en 1987 ce quatuor de Pise continue son petit Bonheur (oh du Bonheur ils en dispensent plein à travers leurs disques…) de chemin. Avec un nouvel album aussi merveilleux que les précédents. Voir même encore meilleur. Entre Pop sixties baroque (évoquant des enfants géniaux des Zombies ou de Ray Davis), 90’s Power Pop (Brendan Benson / Fastbacks/ Sugar/You Am I… et autres ciseleurs de mélodies musclées et belles), un petit coup d’amour pour le Paisley Underground, sans dédaigner l’Indie Rock, une larme de Psyché par-ci par-là pour relever le cocktail, un coup d’œil (et d’oreille) vers la Britpop (Supergrass…), un rien de Garage Pop, et surtout aucun côté passéiste, revivaliste, ou même puriste. Le son, la production, l’ambition d’écriture, le syncrétisme… tout concours à positionner The Strange Flower dans les groupes de leurs temps, et même joliment dans le peloton de tête. De plus le groupe se fiche des conventions (comme le démontre allégrement la pochette) ce qui est tellement frais dans une production musicale où tant de gens se contentent de débobiner une recette apprise dans l’exploration / exploitation d’archives de minuscules sous genres ! Enchainant certaines chansons, écrivant une balade au piano, introduisant un peu de Folk Rock à l’ancienne (Birds / Creedance…) et ensuite balançant un Rock éternel… Un album pensé, conçu et réalisé en tant que tel ! Avec une instrumentation très varié qui ne fait jamais perdre son unité à l’ensemble. Comme l’écoute prolongée de « The grace of losers » leur précédent et déjà jubilatoire album, avec ce 5 ème ouvrage The Strange Flowers impose une évidence : c’est un groupe ayant une vraie personnalité . Une rareté, de tous temps !
Non è facile sorprendermi. Quando hai ascoltato certa roba per decenni, diventi un po’ snob. Cammini con la puzza sotto il naso. Poi, ti si para dinanzi un disco come Pearls at swine e ti accorgi che quella puzza che sentivi, era la tua.
Quanti dischi hanno fatto gli Strange Flowers? Boh. Non importa. Quello che conta è che Pearls at swine , quello nuovo, è il migliore di tutti. Come vuole il luogo comune dei comunicati stampa e delle veline promozionali. Solo che stavolta non ci sono ancora ne i primi ne’ le altre. Non ancora. Sto ascoltando il nuovo album del gruppo pisano in una modalità a me desueta come il Soundcloud. Sarebbe quella piattaforma in cui uno può godere della musica come su XXNX.com del sesso. Se la modalità è inadeguata al piacere, purnondimeno Pearls at swine raggiunge quel punto G che tutti possiamo fingere di avere, maschi e femmine, tanto nessuno ha mai ben capito dove si trovi. Un disco di psichedelia strabordante e catalizzante che forse farebbe mordere le mani a gente più (Robyn Hitchcock) o meno (Bevis Frond) giustamente osannate. L’ avvento della “Terza Repubblica degli Strange Flowers” (con l’ arrivo dell’ organista fiorentino Giacomo Ferrari) non poteva celebrarsi sotto una bandiera migliore, con un lavoro ricco di suggestioni “floreali” e di canzoni eccellenti piene di nomi di donne e di uomini. Un po’ come era per i primi Pink Floyd. Che rimangono lì come suggestione, assieme a tante altre. Come i Creation e i Misunderstood ad esempio, che sono i primi nomi a venirmi alla mente mentre sfrondo i petali di questa margherita.
Un lavoro che potrebbe, e dovrebbe, piacere ad un sacco di gente. Dai fanatici del garage agli amanti del pop più acido e visionario fino, perché no, a chi ha agitato le zazzere ai tempi del brit-pop (ogni tanto le smorfie di Blur e Ride sembrano saltare fuori come folletti da questi campi di fragole).
Dio voglia che sia così. E che sia sempre primavera.
Franco Lys Di Mauro – Reverendo Lys_Wordpress 19/05/2015
Gli Strange Flowers sono uno storico gruppo pisano formatosi nei tardi ’80, in pieno fermento garage-psichedelico. Era il periodo del revival della musica dei ’60 che coinvolse anche la nostra penisola. In particolare la scena musicale di Pisa sembrava raccogliere tutte le menti migliori e più creative.
Tutto partì dai seminali Useless Boys , da cui poi prese forma una band leggendaria come i Birdmen Of Alkatraz di Daniele Caputo e Maurizio Curadi, autori del mini LP “Glidin’ Off “, probabilmente quanto di meglio sia mai stato publicato in Italia in ambito psichedelico. Come dimenticare poi i bravissimi Steeplejack sempre di Maurizio Curadi (ancora oggi attivi) e i Liars? E’ in questo contesto che si trovano ad operare gli Strange Flowers anche se arrivano un pelo in ritardo, quando ormai la spinta propulsiva del fenomeno si sta stemperando. Rispetto ai nomi citati, gli Strange Flowers spaziano, oltre al garage-blues di partenza, verso
altri generi come la new wave e lo space-rock. Hanno in ogni caso una genuina attitudine “psichedelica” come testimoninato anche dai loro concerti in cui improvvisano lunghe jam space-rock. Uno dei loro album più significativi è sicuramente” Music For Astronauts “, uscito per la label tedesca Unique Records e molto apprezzato anche da Rudi Protrudi dei Fuzztones, autore delle note di copertina. Il gruppo ha, nel corso del tempo, subito vari cambi di organico ma è riuscito ad arrivare fino ad oggi. ” Pearl At Swine “, pubblicato dalla meritoria Area Pirata, è il loro settimo album. Il gruppo dimostra di non aver perso la sua attitudine genuinamente “psico-pop”, probabilmente la loro dimensione congeniale. Fra echi dei primi Pink Floyd e dei Misunderstood , ” Pearl At Swine ” gode di una scrittura felice e fresca e ha il pregio di non annoiare mai. Non ci sono cadute di tono anche se vorrei segnalare l’iniziale “Throwing Pearl At Swine”, che si avvale di una melodia irresistibile e “Watching The Clouds From A Strawberry Tree”, con un’atmosfera tipica della psichedelia inglese dei ’60. Ottime anche la surreale “Steven Bought A White Rope” e “The Sensational Show Of The Clouds”, con una bella chitarra acida.
Positivo, nell’economia del sound, l’ingresso del fiorentino Giacomo Ferrari alle tastiere. Completano la formazione Michele Marinò (uno dei fondatori) e Nicola Cionini alle chitarre e Matteo D’Ignazi alla batteria. In definitiva “Pearls At Swine” è un buon album di psych-pop che farà felici gli amanti delle sonorità ’60.
Vote: 3/5
Cesare Buttabuoni – Debaser.it 04/07/2015
Un dubbio mi affligge avendo dinnanzi la copertina di questo disco: saranno riusciti gli Strange Flowers a
convincere il dubbioso e svogliato cinghiale che compare sulla copertina ad ascoltare il loro disco?
In cuor mio spero di sì, come spero di riuscirvi io con i lettori di questa fanzine.
Ma bando alle ciance e spazio alla musica, ed in questo caso si può ben dire “e che musica!”
L’album si apre con il pop paradisiaco di Throwing, un pezzo che se fosse stato scritto dai La’s si griderebbe al
miracolo, ed invece lo hanno composto gli Strange Flowers e … si grida al miracolo; a proposito, sentendo il
grufolare all’inizio del brano si direbbe che il sopracitato cinghiale si sia convinto a dare una chance alla band.
Gli altri pezzi sono tutti ben al di sopra della media, fra questi vi segnalo la beatlesiana Alice stealing
rainbows, introdotta da un toccante intro di piano, la garagistica Eugene, il gioiello melodico Rose
Lynn il cui fulminante ritornello emozionerebbe il più impenitente fra i rocker, la filastrocca Steven bought
a white rope un pezzo che sembra scritto dagli Xtc per la voce di Bob Dylan e la conclusiva ed acustica Twins
nella quale il suono delle dita che scivolano sugli accordi emoziona all’inverosimile.
Anche in quest’ultimo caso bisogna segnalare che, se il pur bravo Jack Bugg sa scrivere pezzi validissimi, anche il nostro
italianissimo e pisano (forza Pisa,digressione calcistica) Michele Marinò sa fare altrettanto.
Qui, lettori le chiacchiere stanno a zero, questo Pearls at swine è un disco bellissimo,un
autentico scrigno colmo di tesori,una raccolta di canzoni che cresce ascolto dopo ascolto e che si insinua sottopelle sino a
rendersi indispensabile.
Al momento, e siamo già a luglio inoltrato, il disco più bello che abbia ascoltato in questo 2015.
Voto 8/10
Il Santo – Indie-Eye.it 18/07/2015
Perle ai porci. Sono quelle che gli Strange Flowers hanno distribuito in qualche decennio di carriera, forse senza trovare quello che sarebbe stato un giustissimo riconoscimento. Altre 11 perle arrivano con questo settimo album, magistrale riassunto del percorso della longeva band pisana, ma anche portatore di qualche novità, come il fondamentale ingresso nella line up di Giacomo Ferrari alle tastiere, che rinnova con molta sensibilità e senza scossoni le sonorità dei nostri. Amanti di pop beat, garage rock, psichedelia, Beatles, Neil Young, Pink Floyd, sixties e seventies, troveranno di che divertirsi fra queste 11 bellissime tracce: i vertici del disco si toccano con Watching The Clouds From A Strawberry Tree e la conclusiva, più dilatata, Twins , ma ben oltre la media sono davvero tutti i brani di Pearls At Swine , a cominciare da Alice Stealing Rainbows e Rose Lynn, che nella loro diversità sono entrambe gioielli di melodia e arrangiamenti. Un album vero, sincero, che risveglierà in voi ben più di un ricordo musicale.
Elisa Giovanatti – IndianaMusicMag 24/07/2015
Appena ho inserito il disco ho pensato di essere tornato al 1968, quando i Pink Floyd di Syd Barrett fecero uscire quel mega disco
di Masters of Rock, certo non ero ancora nato e tutto ciò lo avrei apprezzato successivamente, però sembra di stare
fuori epoca, fuori tempo massimo, sono così autentici che quando li ascolti dici…Beh..ci voglio credere, è troppo
bello…, un trip emozionante, malinconico, eccitante, un dolce amaro di beata fattura. Undici brani incredibilmente belli! E mentre
Alice Staling Rainbows rievoca gli Stones di Angie e i Beatles, Rose Lynn mi riporta alla mente i Fun House, grande band
della Valdelsa anni ’80. Potrei parlare a lungo di ogni brano e credetemi, ne varrebbe la pena ma ve li segnalo così a
caso… DD One Day è strepitosa… bella, bella!!! Chiudo con Twins che è il pezzo tipico con cui
si dovrebbe chiudere un disco di questo livello. Che dire… ai ragazzi dico siete grandi, ai ragazzi di Area Pirata dico
complimenti, uno dei migliori dischi ascoltati nel 2015.
Stefano Ballini – Trippa Shake Webzine 31/07/2015
A quattro anni di distanza dal disco precedente, tornano i the Strange Flowers, con
il settimo album. Non sono cambiate molto le cose in seno alla band, un solo
avvicendamento, anche il sound è sempre legato al british sound, però
senza dubbio il gruppo col tempo ha affinato le proprie qualità ed è
tornato con un titolo fresco e pieno di energia.
In apertura troviamo il brano che dà il titolo al disco, “Throwing
Pearls at Swine”, ed è subito un caleidoscopio di sonorità psych
garage di ottima fattura. Gli Strange Flower hanno fatto tesoro della lezione di
tanti gruppi inglesi, tenendo conto anche del nostalgico revival degli anni ottanta,
che ha ancora tanto influsso sui gruppi brit pop di oggi. “Watching the Clouds
From a Strawberry Tree” è la summa di quanto detto prima, dai Beatles
fino agli Stone Roses e ritorno. “Alice Stealing Rainbows” è una
ballata dominata dal pianoforte, con un gusto sognante, che mescola dolci melodie ad
una psichedelia appena accennata. Trascinante come “Louie Louie” è
“Eugene”, il riff secco di chitarra ricorda i Kinks più ispirati.
Buona anche “Sarah Blake”, però è meno penetrante delle
precedenti. “Rose Lynn” è più enfatica e cattura meglio
l’attenzione, sorprende come la band riesca a sfornare melodie convincenti in questo
genere. “Black” prosegue per il cammino tracciato dal gruppo con
sicurezza. “Steven Bought a White Rope” è la classica canzone
scanzonata e riempitiva che i gruppi citati mettevano nei loro album, ancora una
volta la band fa le cose con gusto e capacità nel rievocare questi moods. In
“DD One Day” mi sembra di sentire echi anche dei primi album di quel
geniaccio di Julian Cope. Su buoni livelli pure “The Sensational Show of the
Clouds” e la conclusiva “Twins”, brani perfettamente in linea col
resto del repertorio.
Gli Strange Flowers confermano tutte le buone impressioni avute col disco
precedente. La loro musica potrà anche sembrare retrò, ma chi ama le
sonorità inglesi potrà farsi cullare con serena sicurezza dalle
suadenti note di questi freakettoni nazionali.
Giancarlo Bolther – Rock-Impressions 18/10/2014
I pisani Strange Flowers sono in giro da vent’anni nei quali hanno utilizzato la
psichedelia più come attitudine, che come genere. In questo loro ultimo
lavoro sono rappresentati tutti i generi che hanno caratterizzato il sound della
loro ventennale carriera.
Le undici tracce, infatti, sono strutturate intorno ad un pop di matrice britannica
(“Watching the clouds from a strawberry tree”, “Eugene”) che
molto spesso fa l’occhiolino al beat e al garage (Throwinf pealrs at swine”).
Tuttavia, la cosa più interessante di questo lavoro è che il quartetto
pisano riesce a trovare il punto d’incontro tra il vintage pop britannico (“The
sensational show of the clouds”) e quello nordamericano, con riferimenti a Tom
Petty e ai Byrds (“Sarah Blake”, “Black”), giungendo alla
quadratura del cerchio con l’avvolgente pop-rock melodico di “DD one day”.
Vittorio Lanutti – RockOn.It Webzine 05/11/2015
Come sempre, prima di partire per la designata meta di villeggiatura, carico sull’ipod una
decina di dischetti nuovi, da ascoltarmi con tutta calma sotto l’ombrellone. Senonché, dopo aver ascoltato l’ultimo lavoro degli Strange Flowers, storica band
pisana di (pop) rock psichedelico nata nel lontano 1987, il mio lettore si è rifiutato di muoversi dalle undici tracce di Pearls At Swine. Insomma, il classico
caso di heavy rotation compulsiva: arrivati all’ultima traccia dell’album si torna di corsa alla prima, senza soluzione di continuità. E ciò
perché, al netto di ogni possibile considerazione circa il carattere smaccatamente (e orgogliosamente) derivativo di questa musica, il nuovo disco degli Strange
Flowers è deliziosamente catchy dalla prima all’ultima nota. Tanto che la vera domanda da porsi non è come sia possibile nel 2015 suonare ancora questo
tipo di rock, bensì come sia possibile suonarlo in modo così efficace e convincente. Se è vero infatti che l’ascoltatore non avrà alcuna
difficoltà a rinvenire nelle tracce dell’album rimandi espliciti a band come Beatles e Xtc o ad artisti del calibro di Robyn Hitchcock (ma poiché le
citazioni si sprecano, ognuno avrà modo di trovare diversi altri ganci col passato), è anche vero che la freschezza delle composizioni e il ricco
caleidoscopio di intuizioni melodiche affrancano Pearls At Swine dai confini angusti del rock derivativo. Queste undici canzoni, infatti, possiedono un carattere ben
delineato e senza accenni di frusto passatismo: anzi, volano a cercare gli spazi aperti, dipingono arabeschi coi colori della leggerezza pop (Sarah Blake) o dispiegano
come vele graffianti chitarre elettriche per puntare l’orizzonte del più classico dei classic rock (Eugene), rielaborato come fosse un’idea completamente nuova.
Un disco policromatico e scintillante, che si ascolta sorridendo di tanto spregiudicato ottimismo e che ci colma di quella felicità un po’ matta e sognante,
spinti dalla quale ci rotoleremmo in un campo di girasoli o, se fosse possibile, scivoleremmo fra i colori dell’arcobaleno per tuffarci poi in un soffice tappeto di
nuvole. Psichedelia, leggerezza e fantasia al potere: tante idee convincenti fanno di Pearls At Swine non solo il disco perfetto per un’estate perfetta, ma anche
un’opera da poter esportare all’estero sentendoci orgogliosi di cotanto made in Italy.
Vote: 8/10
Blackswan – ComeUnKillerSottoIlSole blog 06/08/2015
Una delle band italiane più longeve, in circolazione, direttamente da Pisa,
dalla metà degli anni 80 e che ora approda al settimo album, pubblicato da
Area Pirata. Ciò che sicuramente non manca loro è l’esperienza che in
“Pearls at swine” si sente tutta. Al di là dei perfetti
arrangiamenti e dell’estrema cura del suono, la capacità con cui il quartetto
assembla garage rock, psichedelia, riferimenti Beatlesiani e Paisley, REM, varie
forme di pop beat è veramente encomiabile e di altissimo livello.
Tony Face – RadioCoop/ 08/07/2015