Il progetto “The Trip Takers” pone le sue radici nel settembre 2015 in seguito all’incontro tra Carmelo Gazzè e Manuel Rotella. Il primo, polistrumentista di formazione beat garage con una cospicua lista di collaborazioni alle spalle (Convulsed in primis), reduce dalla longeva esperienza tra le fila degli Out Key Hole e intenzionato a proseguire il discorso interrotto permeato di atmosfere anglo-californiane; il secondo, giovane beatnik poco incline alle nuove tendenze musicali appartenenti alla sua generazione e quindi alla costante ricerca di terreni fertili d’altri tempi. La band viene completata dagli innesti di Giuseppe Mangano, anch’egli con un recente passato negli Out Key Hole, e in seguito particolarmente attivo in alternativi progetti multiformi (come gli Intelaiatura Basimale); Morgan Maugeri, già chitarrista dei Demo Mode, interessato a calcare dimensioni sonore parallele, e Simone Di Blasi (attivo in Addamanera e Brothel) che, con il suo inserimento all’organo, completa la formazione.
Questa creatura è plasmata da personalità e influenze a tratti eterogenee tra loro, che ben si fondono nella volontà comune di uscire dai canoni sonori correnti nel tentativo di preservare romanticamente un approccio artistico retrò volutamente semplice e genuino, legato a fioriture armoniche educate ma allo stesso tempo pregne di aspri risvolti lisergici.
Nell’agosto 2016 iniziano le registrazioni per il primo EP omonimo: “The Trip Takers”.
“The Trip Takers” parte dalle basi lasciate a metà anni ’60 da band come Beatles e Byrds, per innestarci atmosfere psichedeliche che dilatano il suono, rendendolo avvolgente, grazie anche a organo e sitar in prima linea.
La strumentazione usata e una tecnica di registrazione volutamente lontana dal digitale e più incline agli effetti prodotti dall’analogico, danno vita a un disco, che pur fresco e immediato, si discosta dalle produzioni contemporanee per dare vita ad atmosfere vintage incredibilmente autentiche.
Limitante, superfluo, inutile rivelare la provenienza di questa band al suo debutto.
Tutto ciò che vi si chiede è di chiudere gli occhi e proiettarvi negli anni Sessanta del Merseybeat che bussa alle porte della Swingin’ London. Nient’altro.
Lasciate perdere tutto il resto.
I Trip Takers sono degli autentici, credibili temponauti in grado di trascendere il limitante concetto di revival per ridefinire uno stile carico di suggestioni di chiara ascendenza beatlesiana. Il loro mini album sembra una proiezione assiale di una visione caleidoscopica del beat/folk del ’65. (Sole) sei canzoni che sono come l’aria fresca del mattino quando apri le imposte. O meglio, quando le aprivi cinquant’anni fa.
Melodie cristalline, chitarre arpeggiate come se stessi accarezzando le gambe di Jane Birkin avanzando con i polpastrelli come fossero i tentacoli di una medusa trasparente.
Canzoni che scendono giù come la manna, leggere come le piume dei Byrds (o, nella conclusiva You Are Not Me, come il loro tappeto, NdLYS) e degne delle raffinatezze dei loro compatrioti Beau Brummels.
Per i palati fini del vintage-sound, uno dei gruppi-rivelazione di quest’anno.
Lys Di Mauro 28/10/2017
Dalla Sicilia la band che riporta in vita, con un’energia tutta nuova, le oniriche atmosfere degli psichedelici anni ’60. The trip takers, questo il nome della band che in ottobre ha lanciato il suo primo lavoro omonimo, rigorosamente in vinile, edito dall’etichetta toscana Area Pirata.
Un prodotto che fonde dimensioni musicali di evidente ispirazione beat, con sonorità che sfiorano e investono al contempo le influenze sixties anglo-californiane. Il risultato è un insieme coinvolgente ed equilibrato di atmosfere beat/garage ed intromissioni psichedeliche. L’uso di strumentazioni d’epoca e una tecnica di registrazione volutamente lontana dal digitale e più incline agli effetti prodotti dall’analogico, danno vita a un prodotto finale che si discosta dalle produzioni contemporanee per dare vita ad atmosfere vintage incredibilmente autentiche.
“The Trip Takers” parte dalle basi lasciate a metà anni ’60 da band come Beatles e Byrds, per regalare 6 brani dal sapore retrò e al contempo straordinariamente capace di attrarre e coinvolgere come un qualcosa di nuovo. Il suono è dilatato, avvolgente, grazie a una cura quasi maniacale nella tecnica di registrazione e missaggio.
Complici alla produzione di atmosfere al limite dell’onirico, il protagonismo di strumenti quali organo e sytar. Il risultato, una musicalità che ricorda i Beatles del periodo indiano, pur mantenendo una personalità che tiene lontana ogni idea di emulazione.
“I Trip Takers hanno la capacità di trasportarti in un mondo etereo e colorato. Di farti fare un ‘viaggio’, come promettono già con il loro nome, pur rimanendo fisicamente seduto sulla tua poltrona mentre ascolti il disco” dichiara il discografico Tiziano Rimonti, Area Pirata, che continua: “E’ questa, la loro capacità, assieme al fatto di avere un suono che si differenzia dalle altre band che abbiamo in scuderia, ad averci spinto a supportare il loro debutto vinilico”.
La band, già definita ‘rivelazione dell’anno’ dai blogger del settore, è impegnata nel tour di presentazione che porterà il suo sound anche in Europa. Ma non è tutto. Il gruppo ha infatti già le mani in pasta, o meglio, sugli strumenti, per la realizzazione di un nuovo album. Un continuum con quanto già prodotto, ma aperto a nuove sperimentazioni che immergeranno il beat garage del primo lavoro, in atmosfere in cui troveranno spazio le caldi sinuosità del rhythm’n blues.
C’è solo da dare una ripulita ai nostri giradischi.
buon ascolto!
Gaia Stella Trischitta – IlCarrettinoDelleIdee.com 30/10/17
Esordio per il quintetto siciliano con un ep di sei brani che rappresenta al meglio la direzione della band. I Beatles 63/64, i Byrds di “Fifth dimension”, ampie influenze che arrivano dalla mitica compilation “Nuggets”, chitarre jingle jangle, melodie sognanti, il tutto non lontano da quanto ai nostri giorni propongono Allah Las e Gospelbeach. Partenza incoraggiante, interessante e di sicuro impatto.
Tony Face – Blog 07/11/2017
P”Che cos’è la psychedelia?”. Parola del Santo, rendiamo grazie al Santo, in piedi.
“La psychedelia è uno stato della mente che si traduce in musica, un’attitudine che produce suoni che non devono essere autoreferenziali ma bensì fluidi e vivi tanto da riuscire a penetrare nella mente e nell’immaginario di chi li ascolta”.
Seduti.
Bene ciò che avete appena letto, vi ho visti che siete rimasti seduti miscredenti, è quello che andrete ad ascoltare facendo vostro questo ep dei siciliani Trip Takers, sei pezzi per poco più di un quarto d’ora di musica. Per far capire quanto sia buono questo disco basterebbe il primo splendido pezzo Don’t Care About Them, una canzone che è più beatlesiana dei Beatles e più Dukes of Stratospheariana dei Dukes of Stratosphear, se siete intenzionati a fare un cd misto alla persona che amate non dimenticate questo brano visto che riesce a toccare l’anima ed il cuore come pochi altri.
Ma ovviamente le delizie non si fermano con la prima traccia ma bensì proseguono con l’acido salmodiare alla 13th Floor Elevators di Someone Else, ai richiami ai magnifici e troppo poco conosciuti Steppes di Misty Store per chiudere con il pezzo più psych oppiaceo e sognante del lotto la barrettiana You Are Not Me.
La copertina, molto bella nella sua (apparente) semplicità, e la foto sul retro che ritrae i nostri in una posa che ricorda quella di Graham Day e i suoi Gaolers danno un ulteriore valore ad un prodotto già di per sé validissimo. Solo un difetto si può trovare a questo disco ed è quello di durare troppo poco e di lasciare l’ascoltatore bramoso di ulteriori pezzi.
Difetto che come potrete facilmente comprendere è facilmente superabile.
Voto 7,5/10
Luca Calcagno – IYE.ezine 15/11/2017
Non so voi ma qui fra Beatles 40% e Beach Boys 60% si canta, balla e si torna agli anni che furono, quando tutti erano consapevolmente felici di essere all’avanguardia, ora questa musica piace, molto, fa sorridere e soprattutto ballare, loro parlano di anglo-american atmosfere…e ci credo! I pezzi sono sei e sono tutti solarissimi, a partire da Don’t Care about Them a You’re Not Me, che dirvi, se vi piacciono i gruppi che ho citato sono stratosferici!
Stefano Ballini – Trippa Shake Webzine 02/12/2017
Chiudiamo il nostro viaggio musicale in Sicilia, ma potremmo trovarci tranquillamente sulle rive del fiume Mersey con l’esordio dei The Trip Takers. La Beatles mania all’orizzonte, le Garage band americane di stampo psichedelico e i Byrds a fare da coperta di Linus avvolgente: confortante passato qui rielaborato dall’acre sentore vintage della strumentazione, rigorosamente analogica. Un po’ Embrooks un po’ Nuggets, la band si muove agilmente nei meandri di un passato glorioso e noi ne usciamo confortati e fiduciosi pensando al lavoro su lunga distanza.
Alessandro Rossi – Sbrang! 19/01/2018
Capita di buttarsi su argomenti eruditi in certi dopo cena impegnativi dove bisogna dare tutto, per conquistare nuove attenzioni o consolidare le vecchie. Capita di lanciare sul tavolo ancora imbandito strane locuzioni latine con grande nonchalance, sperando che passino del tutto osservate e pugnalino nei punti molli gli astanti trasformandoci così in sovrani assoluti della notte. Ecco, Nomen Omen è una di quelle strane espressioni che mi perseguitano fin da bambino, e a questo ho pensato ascoltando per la prima volta i Trip Takers ed il loro coloratissimo Ep d’esordio.
Non si sa se siano adepti del bel mondo lisergico, ma del background figlio di quelle visioni da golden age sicuramente sì.
E che musica verrebbe da dire, perchè se le note di Area Pirata (label con un’invidiabile visione periferica) non parlassero di un quintetto di musicisti siciliani contemporanei, parrebbe di ascoltare un 45 giri di almeno 50 anni fa.
Una sorta di wormhole che collega la California all’Inghilterra, gli anni 60 ai 2000, sempre in precario equilibrio tra Beatles e Byrds, tra fumi aromatici e capelli a caschetto, una granita dopo l’altra.
Non manca proprio nulla a queste 6 tracce per fare il botto, nè il carisma compositivo nè la minuziosa retromania da nerd che ha fatto di strumenti e tecniche di registrazione analogici una risorsa 2.0.
A presto, si spera, sui palchi di tutta Europa. Come minimo!
Davide Monteverdi – Razzputin Crew Milano 22/01/2018
CAmmettetelo, la sensazione che il sole primaverile ci regala dopo un lungo inverno è irresistibile. Dice il proverbio “Maggio adagio adagio…”, ma anche no! Basta che si affilino due o tre giornate di sole e partono le prime passeggiate in maniche corte, i costumi da bagno, i primi topless (finalmente!), i primi tuffi e i barbecue al tramonto. E partiamo proprio da quest’ultima situazione. Se nei bbq ai quali prendete parte non manca mai una chitarra, vuol dire che siamo sulla stessa linea. Se, oltre a ciò, è capitato che ci fosse anche una band a suonare, allora vuol dire che convergiamo sullo stesso punto.
Lo scorso anno, ho partecipato a un bbq serale in spiaggia. Era solo fine maggio, ma tutto, o quasi, sembrava perfetto: il clima, il tramonto, i drink e la brace per cuocere pezzi di carne e verdure in quantità. C’era anche il gruppo che suonava, ma faceva davvero schifo. Hey, non si può avere tutto nella vita!
In realtà, in quell’occasione, ho avuto molto meno di quanto desiderassi. Infatti, avevo adocchiato una strafiga galattica mentre gironzolava, in canottiera e costume, tra la gente intorno alla brace, e con la quale, purtroppo per questa recensione, non sono riuscito a combinare un granché, anzi non ho concluso proprio nulla, eccetto uno scambio di vedute sul livello della band. Lei diceva che sembravano usciti da una festa di classe del primo superiore, ed io le davo ragione. Ovviamente avrei annuito anche se avesse detto il contrario. Era una sorta di cover band di pezzi famosi dei 60’s e 70’s. Beatles, Doors… Rino Gaetano, Bucio Lattisti. Tutto eseguito in maniera imbarazzante anche a causa della strumentazione limitata per via della location. Comunque, l’impressione era che pretendessero di suonare i loro strumenti utilizzando la stessa tecnica con cui gli addetti alla brace attizzavano i carboni ardenti. Terribile.
Se fosse stato possibile, avrei speso tutto il mio impegno e le mie energie per far in modo che ci fosse una band come i Trip Takers a suonare. Sarebbero stati perfetti quella sera come, credo, anche in situazioni completamente differenti. Grazie al loro 60’s garage beat arioso influenzato dai Seeds, che avrebbero potuto proporre anche in versione unplugged, l’epilogo tra me e quello splendido esemplare di donna seminuda sarebbe stato completamente diverso, ne sono certo. Gasato come un macaco, mi sarei lanciato sull’obiettivo canticchiando please believe me… when I tell you… that I love you… little girl. Di sicuro avremmo ballato insieme, fatto un paio di tuffi mentre il sole ci salutava per lasciare spazio alla notte, mangiato qualche pezzo di carne alla brace, rigorosamente senza posate come gli uomini delle caverne, bevuto qualcosa per riscaldarci durante la brezza serale che, nel mese di maggio si fa ancora sentire, e poi, una volta lontano da occhi indiscreti… Hey! Andate a spiare qualcun’ altro e compratevi il disco dei Trip Takers, maledetti guardoni.
Andrea Sestri – The New Noise 31/05/2018
The Trip Takers è un progetto nato nel 2015 che approda a questo EP di esordio nel quale il gruppo dichiara il proprio amore smisurato per beat pop degli anni ’60. I punti di riferimento della band sono senza dubbio i Beatles e Byrds. Il sound è impregnato in modo indelebile del sound briannico dei sessanta e nei sei brani, tanto per restare nei ruggenti anni ’60, troviamo arrangiamenti anche con sitar e organo. Insomma, questi quattro siciliani fanno di tutto per ributtarci in quegli anni, quelli in cui ci si poteva immergere in viaggi psichedelici (Above) o scatenarsi con il beat frizzante (“Someone else“, “Misty shore“).
Vittorio Lanutti – Distorsioni 30/05/2018
THEE PSYCHEDELICATESSEN 05/11/2017
New from Area Pirata Records, the home of Italian Garage Rock, comes the debut mini-album/EP from Garage/Beat obsessives The Trip Takers. Eschewing modern recording techniques to create an authentic vintage lo-fi analogue sound, The Trip Takers EP revisits the classic mid 60s proto-Nuggets era of American Garage/Psych with six tracks that channel the slightly shambolic records by “British Invasion” influenced bands such as The Groupies, The Velvet Illusions, The Inmates, The Cave Men and Satan & The G Men whose two minutes of fuzzed up teen angst tend to turn up on one of the many Pebbles compilations and the much weirder early acid heads who were the psychedelic trailblazers. The Trip Takers have lovingly recreated these sounds with such an ear for detail that they do sound like songs that could have been recently rediscovered after decades lost in the archives somewhere.
With a mix of Beatles pop smarts and Byrdsian jangle, side one of the EP is firmly rooted circa 1965/66 with the sound of early Garage bands more than evident on the three tracks on this side of the disc. While side one is firmly inspired by early Beat bands, side two sees The Trip Takers exploring wonky mid 60s Psychedelia and sounding not unlike Nashville Psych Pop outsiders The Sufis with three tracks of acid drenched strangeness. Recalling the first wave of acid advocates where the Beat bands began turning on, tuning in and freaking out, ‘Misty Shore’, ‘Above’ and ‘You Are Not Me’ are recreations that tap into the vibe of the times with swirling organ and sitar pushed way up front in the mix. For serious RetroHeads, The Trip Takers EP is well worth your time………….it may not be in anyway original, but that’s not really the point.
Bertrand Tappaz – Chronique 2018 – 05/06/2019 – VOIX DE GARAGE GRENOBLE
Après 2 singles et un EP impeccables j’attendais le 1er album de ce quintet italien de pied ferme ! Et il ne me déçoit pas un seul instant.
Recréant une vibe bien Sixties, proposant un travail très convainquant sur le son, tout particulièrement au niveau des guitares et de l’orgue, avec des tessitures très intéressantes et un équilibre entre les 2 instruments assez inusité. La voix est plutôt velouté, les compositions tout en délicatesse… Mais attention ici on parle bien de Garage Punk. Marqué Psych Pop et d’obédience Sixties, tirant un poil vers le Freakbbeat, donc avec de la moelle et des mélodies.
10 chansons en 29 mn on ne s’appesantit jamais mais les Trip Takers visent l’efficacité maximum et l’excellence.
Et il faut reconnaître que leur album est à la hauteur de leur ambition : une collection de super chansons qui se dégustent individuellement mais aussi parfaitement au sein d’un album judicieusement construit !